«La gente è pronta per il cambiamento», aveva detto lei. E ha avuto ragione. Zuzana Caputova di Slovacchia progressista trionfa con oltre il 58 per cento dei voti al ballottaggio per le elezioni presidenziali, battendo il commissario Ue (in congedo) Maros Sefcovic, che si è fermato al 42 per cento. La «ragazza sconosciuta» che non sa nulla di politica la spunta sul diplomatico di lungo corso, sostenuto da Smer, il partito populista di sinistra al governo, e diventa così la prima presidente donna della Slovacchia. E con la vittoria dell’avvocatessa quarantacinquenne alla carica di capo dello Stato, la Slovacchia è uno dei pochi Paesi europei a mostrare una crepa nell’avanzata populista.

La corsa per la vittoria Al primo turno Caputova aveva avuto la meglio, e non di poco, ma l’esito del ballottaggio tra i due candidati, entrambi europeisti e di sinistra, non era scontato. Sefcovic ha aggiustato il tiro della propria campagna elettorale in direzione anti immigrati e anti Bruxelles con l’obiettivo di intercettare i voti della destra nazionalista e populista, rimasta senza rappresentanti al ballottaggio. Da ex membro del Partito comunista che nell’ex Cecoslovacchia perseguitava le chiese, si è tuttavia presentato come difensore dei valori cristiani e della famiglia tradizionale, stigmatizzando le  aperture «ultra liberal» della sua rivale  su aborto, nozze e adozioni gay in un Paese conservatore con forte influenza della chiesa cattolica. Ma non è bastato. Sefcovic ha pagato la caduta di consensi del suo partito, Smer, dopo l’omicidio, un anno fa, di Jan Kuciak, il giornalista che stava indagando sui traffici di imprenditori slovacchi vicini al governo con la ‘ndrangheta calabrese. E gli slovacchi, non solo riformisti, hanno preferito la schiettezza, i modi gentili e i trascorsi dalla parte della gente di Caputova, nonostante sia donna, divorziata, a favore di nozze e adozioni gay. Una politica concreta, realistica e pratica, quella dell’avvocatessa di Bratislava, che propone cambiamenti «senza ricorrere a promesse irrealizzabili, senza linguaggio aggressivo e colpi bassi e che fa dell’onestà la propria forza», interpretando la voglia di riscatto di un Paese del gruppo di Visegrád, dominato da sovranisti, euroscettici e xenofobi.

Le battaglie della «Erin Brockovich della Slovacchia» – Cresciuta in una famiglia modesta, che Caputova definisce «di mentalità aperta», si è laureata in Legge. Divorziata, legata da anni a un fotoreporter, vive con le due figlie adolescenti a Pezinok, cittadina appena fuori Bratislava, dove ha condotto una battaglia contro una discarica di rifiuti tossici, «una storia difficile, durata 14 anni», che le è valsa nel 2016 il Goldman Environmental Prize, una sorta di Nobel per l’ambiente, oltre al soprannome di «Erin Brockovich slovacca». Paladina degli ecologisti, ma anche impegnata per i diritti degli omosessuali e delle minoranze, ha ottenuto consensi con il patto sulle migrazioni.

La vicenda Kuciak – La lotta vinta nel 2013 per la chiusura e bonifica della discarica illegale l’ha messa, però, contro imprenditori legati al partito di governo, alcuni dei quali sospettati di coinvolgimento nell’omicidio di Jan Kuciak. Ed è qui che l’ascesa di Caputova si intreccia a quello che è stato il vero spartiacque per la Slovacchia. Dopo la morte del giovane reporter e della compagna Martina Kusnirova, ha mobilitato migliaia di persone contro il premier Robert Fico, costringendolo alle dimissioni. Da quel delitto, dalla rabbia e dall’ondata di protesta che ha generato, è partita l’avventura politica di Zuzana, che da combattente solitaria, impegnata a sfidare i potenti contro corruzione e soprusi, si è trasformata nella prima presidente donna del Paese. E da presidente non si dimentica del giornalista morto che l’ha portata a diventare, come la definisce  Matus Kostolny, direttore del quotidiano slovacco Dennik N, «l’errore nel sistema, il cambiamento mai visto da trent’anni a questa parte» che la Slovacchia stava aspettando. La sera della vittoria, da sola, avvolta in un cappotto rosso, telecamere e folla alle spalle, Zuzana Caputova va davanti all’ospedale di Bratislava, sotto la targa che ricorda le proteste anti comuniste del 1989, dove fiori, candele e una grande foto rendono omaggio a Jan Kuciack.