Circondarsi di bello, di oggetti che migliorano la vita e di persone che non urlano. Questa la formula di Bulthaup, azienda tedesca che produce cucine di design. Tra il 7 e il 13 aprile 2025, in occasione delle manifestazioni legate al Salone del Design, lo spazio espositivo in via Madonnina 10 ospiterà la mostra Tools. Laboratori collettivi, realizzata dalla Scuola di progettazione artistica per l’impresa e di product design dell’Accademia delle belle arti di Brera. È la prima volta che gli studenti espongono nel “loro” Brera Design District, uno fra i più importanti e visitati. Barbara Manganaro, country manager Italia di Bulthaup, commenta così: «L’Accademia è il cuore pulsante di un quartiere a misura d’uomo che vive di cultura. Per noi il design è proprio questo, siamo presenti non perché fa figo ma perché ha un significato».
La mostra – Tools si propone come un’antologica delle scorse partecipazioni dell’Accademia al Salone del Mobile. Ci saranno delle fotografie incorniciate: momenti rubati durante esposizioni o allestimenti, spesso scattati col telefonino per parlare di progettazione in maniera informale, mettendo al centro le persone e le loro esperienze. Vi sarà anche un’altra cornice, all’inizio vuota ma che vedrà aggiungersi polaroid di giorno in giorno, fino alla conclusione della mostra. Insieme a queste, i prototipi di alcuni progetti passati. I supporti per l’esposizione sono stati realizzati in collaborazione con Artwood Academy, realtà formativa brianzola dedicata alla filiera del legno-arredo.
L’incontro – Bulthaup è un’azienda nata nel 1949, specializzata nella produzione di cucine in acciaio inox. Il suo design è essenziale e concreto, utilizza materiali industriali e finiture che puntano su eleganza, solidità e pulizia formale. A partire da queste caratteristiche si è sviluppata la collaborazione con l’Accademia: gli studenti sono stati invitati a entrare in dialogo con i materiali, con la filosofia dell’azienda e con lo spazio stesso, per realizzare opere capaci di abitare e trasformare il luogo. Eleonora Letizia, una delle studentesse curatele, spiega così l’allestimento: «La parte più complicata è stata trovare il medium giusto, in questo caso gli espositori che funzionassero nello showroom e che distinguessero la mostra dal contesto. Alla fine, abbiamo scelto delle alzatine per restare connessi all’idea di cucina. Volevamo distinguerci ma senza stonare».

foto di Gloria Citterio
La progettazione – La mostra è coordinata dalle docenti Elisabetta Gonzo e Donata Paruccini, che hanno supervisionato l’intero processo responsabilizzando gli studenti, senza imporre nulla. Gonzo chiarisce: «Il confronto è essenziale. Non esiste un giusto e uno sbagliato, lo stesso concept può essere realizzato in molti modi diversi. Il progetto è una faccenda autobiografica, però parlare di sé stessi è difficile, spesso si indossa la maschera dei luoghi comuni. Noi cerchiamo di aiutare i ragazzi a costruire il loro pensiero, che è un percorso». Secondo le loro parole, l’Accademia ha il compito di insegnare la metodologia e l’utilizzo delle tecniche. Il designer deve poter disporre di ogni mezzo che gli permetta di esprimersi e di progettare. Dagli strumenti tecnici, fino alla speculazione estetica e alla narrazione del prodotto. Soprattutto in Accademia, tale vocazione umanistica emerge con decisione. Manganaro ritrova la medesima ispirazione nella propria azienda: «Bulthaup inizia laddove le macchine non possono andare oltre. Ci vuole un tocco umano, artigianale, quel prendersi cura del materiale. Ciascuno degli operai lo fa a suo modo e il pezzo ottiene la sua firma. Solo così, secondo me, si può restituire la profondità del prodotto». Senza però inorridire di fronte alle nuove tecnologie: un prototipo esposto in Tools è realizzato grazie a una stampante 3D. Perché il design significa sperimentazione e contaminazione, specialmente in quest’epoca. Le docenti concludono: «Il design, come tutta l’arte, è in crisi perché i veri ambiti di ricerca sono quelli scientifici. Alla scienza serve però la visione utopistica, progettuale. Il design è sempre stato interdisciplinare, il punto è proprio confrontarsi, senza aver paura di sbagliare. Siamo tutti fragili e insicuri ma siamo anche persone pensanti e capaci di cambiare le cose, se si lavora insieme».