Un’Autorità che non si sente autorevole perchè ha le mani legate. È il ritratto dell’Arac della Lombardia stilato dagli stessi membri dell’Autorità regionale anti-corruzione voluta e istituita dal presidente Roberto Maroni. Nel bilancio dei primi sei mesi l’organo denuncia di essere stato trascurato dalla stessa amministrazione regionale. «Pur non volendo colpevolizzare in modo diffuso controllori e controllati», si legge nel documento dell’organismo presieduto da Francesco Dettori «occorre comprendere più a fondo le cause sistematiche di questa situazione”.

L’accusa ai dirigenti, in realtà, non è poi così velata. Nei due rilievi consegnati ai gruppi presenti in Consiglio regionale, l’Arac spiega che: «Spesso gli organi direzionali non danno seguito a rilievi anche circostanziati formulati dagli organi di controllo, e altre volte emergono gravi deviazioni dalla legalità accertate da interventi diretti della magistratura su situazioni che erano sfuggite ai controlli interni».

Eppure, nel marzo 2016 il presidente Maroni presentava l’Arac come un organismo «che ha poteri veri e che si aggiunge, senza sostituirsi, ad Anac (l’Autorità nazionale anti-corruzione). L’Arac – spiegava Maroni – aggiunge forza e risorse ad Anac, con la quale naturalmente si collegherà per svolgere la sua azione forte di contrasto alla corruzione e per la trasparenza». Affermazioni che secondo i membri dell’Authority regionale non hanno trovato riscontro sul campo.

Nel Piano d’azione anti-corruzione, illustrato dal governatore lombardo il 22 febbraio 2016, venivano chiariti i tre compiti sostanziali dell’Arac: vigilare sulle misure adottate dagli enti, garantire la prevenzione e il contrasto ai fenomeni di corruzione e coordinare gli altri organi di controllo regionale. Inoltre, tra le importanti azioni che avrebbe dovuto svolgere l’organismo c’erano anche la rotazione dei dirigenti del Sistema sanitario con una permanenza di 5 anni, ma non nella stessa sede, e l’affidamento della revisione di tutte le procedure della Regione relative agli appalti pubblici a un pool di società esterne.

Un lavoro che è stato impossibilitato da diverse criticità, evidenziate nel rapporto: «è come se la complessa macchina di controlli, – scrive l’Arac nella sua relazione – con tutte le sue articolazioni centrali e periferiche, si trovasse alla fine spiazzata quando si tratta di tirare le conseguenze rispetto alle anomalie o alle devianze che sono state individuate o portate alla luce». Inoltre, «gli organi e le funzioni di controllo sia interno che esterno si sono nel tempo sovrapposti gli uni sugli altri generando una complessa stratificazione». Per questo motivo, l’Arac ha suggerito alla Regione Lombardia, alcune possibili soluzioni per rendere più efficace il proprio lavoro in futuro. Fra queste, la disposizione di controlli a sorpresa e la riprogrammazione dei sistemi di monitoraggio.