Don Alberto Barin

Al di sopra di ogni sospetto. Nel pomeriggio di martedì 20 è stato arrestato Don Alberto Barin con l’accusa di “violenza sessuale continuata e concussione”, come riportato in una nota del capo della Procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Il sacerdote 51enne, cappellano del carcere di San Vittore dal 1997, è stato denunciato per aver richiesto prestazioni sessuali in cambio di piccoli favori e oggetti come cibo, saponette, sigarette e spazzolini da denti. Ad accusarlo sei detenuti nordafricani, di età compresa tra i 22 e i 28 anni.

Secondo le indagini, però, il religioso non si sarebbe limitato agli abusi all’interno del carcere. In cambio di un parere favorevole alla propria scarcerazione, il cappellano avrebbe infatti “ospitato” per un breve periodo alcune delle vittime presso la propria abitazione, a pochi passi dalla casa circondariale di piazza Filangeri. Facendo loro pesare che solo il suo parere sulla «buona condotta» ne avrebbe permesso la liberazione. Accusa questa che aggiunge alle aggravanti anche quella di abuso di autorità. I soprusi, che si protraevano in maniera non isolata dal 2008, sono stati verificati dalla Polizia Mobile attraverso l’installazione di alcune telecamere nell’ufficio e nei locali in gestione del cappellano.

«Ossessionato da pulsioni sessuali», Don Alberto Barin «utilizzava la sua posizione, le sue funzioni, i suoi pur limitati poteri e la sua quotidiana vicinanza ai detenuti per soddisfare quasi ossessivamente le sue pulsioni sessuali», scrive il gip Enrico Manzi.  La Curia di Milano ha espresso «la massima fiducia nel lavoro degli inquirenti e la disponibilità alla collaborazione per le indagini». Un’incredibile storia di violenza e abusi che ha creato sconcerto nell’opinione pubblica. Don Alberto, benvoluto da tutti, nel 2006 ai giovani accorsi a Milano per il tradizionale raduno di Taizè descriveva la sua come «un’esperienza forte, che permette di conoscere l’uomo e se stessi. Dal mattino alla sera parlo con i detenuti e in ognuno di loro trovo estremi confini di male, ma anche estremi confini di bene. Il bene rimane: anzi, a volte fa riemergere il bene».

Silvia Morosi