Nessuno sa come ci sia finito. L’unica cosa certa è che non doveva essere lì. Un feto umano di 4-5 mesi, in una cella frigorifera, a meno 80 gradi, nel dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze all’università Bicocca, a Milano.

La scoperta risale a venerdì scorso, al terzo piano dell’edificio U3. Un gruppo di ricerca che si occupa di cellule staminali, coordinato dal professor Angelo Vescovi, ha trovato in un freezer del dipartimento un contenitore di polistirolo con dentro un sacchetto nero. All’interno c’era del materiale biologico che i ricercatori non sono stati in grado di riconoscere.

Soltanto dopo il fine settimana il gruppo di ricercatori ha chiesto il parere di una biologa, che ha pensato a un feto umano e ha avvertito subito la questura. Gli uomini della polizia scientifica hanno, quindi, sequestrato il materiale e lo hanno trasferito all’Istituto di medicina legale di piazzale Gorini.

La presenza di un feto in quell’area, come ha confermato il responsabile della struttura, era assolutamente ingiustificata. “L’università di Milano-Bicocca non conduce alcun tipo di ricerca che preveda l’utilizzo di feti umani e applica in modo integrale le leggi vigenti in tema di materiali biologici umani” ha chiarito subito il rettore Marcello Fontanesi. “Istituiremo una commissione di inchiesta all’interno dell’università in collaborazione con il Comitato Etico. Se qualcuno all’interno dell’università risulterà responsabile non metterà più piede in questo ateneo”.

Il professor Vescovi, associato di Biologia applicata, ha invece sottolineato come l’episodio coincida con la conclusione di un’importante ricerca sulla Sla, che il docente ha attivato non in Bicocca, ma al centro europeo di ricerca sulle cellule staminali di Terni e in un ospedale di San Giovanni Rotondo. “Posso solo ipotizzare”, ha detto Vescovi, “che si possa trattare di un sabotaggio organizzato forse da gruppi estremisti ideologicamente orientati”.

Il professor Vescovi ha fatto riferimento ad altri due episodi, sempre legati alla ricerca con l’utilizzo di cellule staminali, che sarebbero avvenuti negli scorsi anni all’interno della Bicocca e all’ospedale San Raffaele, dove ignoti “hanno distrutto anni e anni di ricerche.”

Stefania Cicco