Un uomo che si alza alle cinque ogni mattina per fare da autista alle scolaresche e un pregiudicato per abusi e guida in stato di ebbrezza: Ousseynou Sy è entrambe le cose. Il 46enne che ieri a Milano ha dirottato e incendiato un bus di una scolaresca è nato in Francia da genitori senegalesi, ma è cittadino italiano dal 2004. Vive a Crema da cinque anni, dove lo chiamano tutti Paolo: lo conoscono, il barista accanto a casa sua parla di un carattere «calmo e gentile». Ha iniziato a lavorare come addetto alle pulizie, poi è stato promosso al ruolo di autista. Prima di prendere servizio si era sottoposto alle visite previste per i guidatori: tutto in regola. Molta tranquillità, pochi sospetti. Eppure, su di lui pendono due ombre pesanti: una condanna per abusi sessuali su minore nel 2011 e la sospensione della patente nel 2007 per guida in stato di ebbrezza.
Condanne e denunce – La patente gli era stata sospesa nel 2007 perché guidava ubriaco a Orzinuovi, in provincia di Brescia. Eppure nulla gli impediva di guidare ancora: le sanzioni per gli autisti trovati in stato di ebbrezza si sono inasprite nel 2010 e non sono retroattive. Pochi anni dopo una minorenne lo ha accusato di abusi sessuali e nel 2018 è arrivata la sentenza di un anno con pena sospesa. Un passato che pesa come un macigno su un presente sereno solo in apparenza. I vicini di casa raccontano di averlo sentito parlare al telefono preoccupato per la situazione africana e su YouTube circolerebbe un video in cui sconsiglia ai migranti l’approdo in Italia. Secondo i colleghi a peggiorare la situazione è stata la separazione dalla moglie, alla quale sono stati affidati i due figli di 12 e 18 anni.
Vendetta per chi muore in mare – «Non voglio nessuno nel raggio di due chilometri, se sparate brucia tutto». Sy lo ha gridato al telefono ai carabinieri la mattina del 20 marzo, quando ha deciso di dirottare il pullman con a bordo 51 dodicenni e di cospargerlo di benzina. Il fanatismo religioso dell’Isis non c’entra nulla: Sy è laico, non prega e non è inserito fra i sospettati di radicamento islamico. C’entrano invece i morti nel Mediterraneo, la lunga lista di migranti dispersi in mare fra la Libia e le coste italiane. Più di tutti c’entra il caso della nave Mare Jonio, che per l’autista «è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». Troppe vite perse nella sua Africa e la necessità di una vendetta contro un governo che non ascolta, un piano premeditato nei singoli dettagli da giorni e l’intenzione di imbarcarsi su un aereo a Linate diretto in Senegal per il quale, però, non aveva alcun biglietto. Adesso si trova nel reparto protetti del carcere di San Vittore ed è accusato di sequestro di persona, tentata strage con aggravante terroristica, incendio e resistenza. Eppure si considera un eroe e sottolinea che «non avrebbe ucciso nessuno».