I piedi nudi sulla sabbia del deserto. Poi il buio della notte, il rumore di un elicottero, i fari che accecano, le urla dei poliziotti e l’abbaiare dei cani. Il freddo delle hieleras, le celle sporche e gelide in cui vengono rinchiusi quanti tentano di varcare il confine tra Messico e Stati Uniti. Il visitatore si toglie le scarpe, si mette uno zaino sulle spalle, indossa il casco e improvvisamente si trova lungo la frontiera messicana, migrante tra i migranti, con i quali per 7 minuti condividerà viaggio e incertezze. Carne y arena, l’installazione di realtà virtuale del regista Alejandro Iñárritu, presentata in anteprima al Festival di Cannes, dal 7 giugno 2017 al 15 gennaio 2018 può essere sperimentata a Milano alla Fondazione Prada, che ha prodotto questo progetto con lo studio cinematografico californiano Legendary Entertainment. L’installazione è accessibile solo prenotando on-line, tramite il sito della Fondazione. Il biglietto di ingresso è di 10 euro.

Carne y arena-  Iñárritu ha scelto di rispondere al muro di Donald Trump, mettendo il pubblico di fronte a quella barriera e a tutti gli altri ostacoli che incontra chi fugge dal proprio Paese da clandestino. Le storie e i volti che si incontrano nel corso di questa esperienza immersiva sono veri. «Ho fatto cento interviste e costruito tanti dettagli. Si tratta di un lavoro di semi finzione, perché le storie vere sono state adattate», ha spiegato il regista in un’intervista a Repubblica. Trasformare l’esperienza della migrazione in opera d’arte era da tempo un suo desiderio. Dopo aver visitato il centro di accoglienza di Catania e aver conosciuto le storie di alcuni dei migranti che attraversano il canale di Sicilia, Iñárritu aveva pensato di trasformare un barcone recuperato dal mare in un monumento per Piazza Duomo. Il progetto però è stato frenato dalle polemiche politiche.

Il regista- Alejandro Iñárritu ha vinto due volte l’Oscar. L’ultima con The Revenant, film che ha fatto conquistare la tanto agognata statuetta anche a Leonardo Di Caprio. Il tema dell’immigrazione è una costante della sua produzione artistica. Appare per la prima volta in Babel, film premiato a Cannes nel 2006. Anche in quel caso protagonista il confine Messico-Usa e l’avventura rocambolesca della coppia statunitense, formata da Brad Pitt e Kate Blanchett, e della loro governante messicana. I migranti tornano anche in Biutiful, film del 2010. Il protagonista Uxbal, interpretato da Javier Bardem, sopravvive sfruttando lavoratori cinesi o ambulanti senegalesi, dei quali è allo stesso tempo carceriere e protettore.

La realtà virtuale- «Ho imparato un linguaggio nuovo, con infinite possibilità», ha dichiarato il regista, che non è il solo ad aver pensato di varcare la frontiera tra il cinema d’autore e la realtà aumentata. La prossima Mostra del cinema di Venezia infatti accoglierà il primo concorso di film in realtà virtuale, intitolato Venice Virtual Reality, che metterà in gara 18 opere. Una scelta che indica la volontà di celebrare l’evoluzione del linguaggio audiovisivo e di aprire a nuove sperimentazioni.