La strada per il Quirinale potrebbe fermarsi su un’autostrada, in questo caso la Milano Serravalle. Massimo d’Alema, tra i papabili per il Colle, è finito nelle carte dell’inchiesta che riguarda l’acquisto da parte della Provincia di Milano di un pacchetto di azioni della società che gestisce la Serravalle. L’inchiesta è quella che vede indagato anche Filippo Penati, ex Presidente della Provincia di Milano e braccio destro di Pier Luigi Bersani.

Secondo quello che viene riportato dal Corriere della Sera, a fare il nome di D’Alema è stato l’architetto Renato Sarno, arrestato con l’accusa di concussione in concorso con l’ex direttore generale del Comune di Sesto San Giovanni, Marco Bertoli. Il 4 febbraio, Sarno avrebbe riferito nel corso di un interrogatorio alcune frasi dette da Penati: “Io ho dovuto acquistare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l’acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D’Alema”.

Immediata e secca la smentita di Penati: “Costretto da D’Alema a strapagare le azioni di Gavio? Non l’ho mai detto a Sarno, né avrei mai potuto dirglielo perché non è vero”.

E se dall’ex presidente diessino e dall’establishment piddino non arriva alcuna dichiarazione, a prendere le difese di D’Alema è, inaspettatamente il senatore del Pdl Pierantonio Zanettin: “Non posso che rimanere esterrefatto dalla tempestività di tale indiscrezione giudiziaria, che coincide con le candidature per la Presidenza della Repubblica. Si tratta evidentemente di una ‘polpetta avvelenata’ per bloccare la possibile elezione dello stesso D’Alema al Quirinale”. Per Zanettin la notizia è una strumentalizzazione “contro il più meritevole candidato al Colle più alto”.

Maria Elena Zanini