«Il vero problema è di chi saranno le banane che cresceranno». Da questa mattina alle palme in piazza Duomo si sono aggiunti anche i banani. I giardini sono ancora transennati ma milanesi e turisti continuano ad accalcarsi attorno alle aiuole per fare fotografie e discutere. «C’erano anche in passato, non ci vedo nulla di male, e poi danno un po’ di verde alla piazza» alza le spalle un passante. «Questi alberi nella nebbia milanese stanno male» dice invece una ragazza «mica siamo a Sanremo». «Non è vero, io abito a Varese e le ho anche nel mio giardino» risponde un turista.
“Giardini milanesi tra XX e XXI secolo” è il nome scelto dal progettista Marco Bay per lo spazio verde in piazza Duomo sponsorizzato da Starbucks, in vista dell’approdo in Italia nel 2018 del primo megastore in piazza Cordusio. La catena statunitense si è aggiudicata il bando del Comune, della durata di tre anni, per la progettazione e la cura del verde davanti alla madonnina. I carpini e i cespugli fioriti posizionati dalla giunta Pisapia sono stati rimossi e spostati in altri luoghi della città, al loro posto sono state piantate specie insolite per i giardini pubblici milanesi.
Le palme hanno da subito fatto discutere, diventando argomento di dibattito politico e cittadino. Domenica pomeriggio Lega Nord e Casa Pound hanno organizzato presìdi attorno alla nuova installazione verde, distribuendo banane per protestare contro “l’africanizzazione della piazza”. La notte tra domenica e lunedì è stato appiccato il fuoco a una delle piante al centro della polemica. Il responsabile non è ancora stato individuato.
Dopo le #palme, stanotte in piazza Duomo sono stati piantati i #BANANI.
Non ho parole.— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 23 febbraio 2017
I banani, piantati nella mattina di giovedì 23, hanno fornito un pretesto di scontro in più, anche se erano previsti fin dall’inizio. Salvini attacca su Twitter: «Non ho parole. Nessuno se la deve prendere con le piante, non hanno colpa: i cretini sono gli ‘esseri umani’ che hanno deciso e permesso questo scempio». I Sentinelli di Milano, coinvolgendo altre realtà della sinistra milanese, hanno ribattuto con la contro-manifestazione “Piantatela lì”, prevista per domenica 26 febbraio : «togliete tutti i prodotti non autoctoni», provocano gli organizzatori «compreso il mais con cui fate la polenta».
Il sindaco Beppe Sala invita ad attendere di vedere il risultato finito, e ammette di non essere entusiasta dell’idea delle palme: «ma c’è stato un bando» aggiunge «e la sovrintendenza ai beni architettonici si è espressa in modo positivo». Quest’ultima aveva solo chiesto che il numero delle piante più imponenti scendesse del 40%, richiesta poi accolta, con la riduzione delle palme a 39. L’assessore al Verde Pierfrancesco Maran è soddisfatto di «questa proficua forma di collaborazione tra pubblico e privato» che ha permesso di trovare «soluzioni che rendano più belle e curate le aree verdi della città». Il dibattito non sembra destinato a placarsi: dopo i banani infatti, come da progetto, arriverà anche il sottobosco rosa.
Ai piedi del Duomo e all’ombra delle palme le discussioni non sono tanto tra favorevoli e contrari: queste sono lasciate alla politica e alle pagine dei social. Milanesi e turisti si interrogano piuttosto su altro: il diritto di proprietà sulle future banane per esempio. In molti chiedono ai giardinieri a che punto sono i lavori: «Basta, non se ne può più», lamenta lo stagista giardiniere, a cui è stato dato il compito di rispondere ai curiosi, «tutti a chiedere, passanti, giornalisti: non ci lasciano lavorare». Più di un milanese doc fa notare che queste palme «sembrano ubriache, sono fuori asse, se bisogna fare un lavoro almeno lo si faccia bene». Altri ancora avrebbero progetti alternativi: «Cosa c’entrano le palme a Milano? avrei fatto una bella fontana con giochi d’acqua e luci, da accendere la sera tra le 18 e le 19». Se era una strategia della catena americana per far parlare di sé, non si può dire non abbia funzionato.