«Aver perso questa occasione è un peccato mortale. L’Agenzia del farmaco a Milano sarebbe stata un valore aggiunto per tutti i dipartimenti medico-biologici», dice Alberto Corsini, direttore del dipartimento di Scienze farmacologiche della Statale. Dopo mesi di lavoro, il capoluogo lombardo ha perso per colpa di una monetina. Dopo un lungo testa a testa, il Consiglio Europeo, lunedì 20 novembre 2017, ha sorteggiato Amsterdam come nuova sede dell’Ema, l’ente che si occupa di proteggere la salute dei cittadini e degli animali, monitorando i farmaci commercializzati all’interno dei Paesi dell’Unione e dell’Area economica europea. L’ente, istituito nel 1995, è composto da sette commissioni scientifiche. La supervisione è affidata a un Consiglio di amministrazione di 35 persone, che è indipendente da governi, aziende e altre istituzioni. L’attuale direttore è Guido Rasi. L’Agenzia ha circa 900 dipendenti, la maggior parte donne. Il suo trasferimento a Milano avrebbe dato alla città l’opportunità di crescere economicamente e ampliare il suo peso in Europa come centro di ricerca scientifica.

L’esclusione di Milano – Milano aveva chiuso in testa il secondo e il terzo turno di votazione, ottenendo rispettivamente 25 e 12 voti. Amsterdam era indietro di 3 voti, ma sapeva di poter contare su tutti i 5 consensi avuti da Copenaghen. Non ci sarebbe stato bisogno del sorteggio se i votanti fossero stati 27, ma la Slovacchia, delusa dall’esclusione di Bratislava, ha scelto di astenersi. A determinare il pareggio il voltafaccia spagnolo: Madrid all’ultimo ha scelto di sostenere la candidatura olandese. Grande la delusione per il capoluogo lombardo che si era impegnato molto in questa sfida e che perde non solo un indotto di circa 1,7 miliardi di euro annui, ma anche un’opportunità di crescita culturale e accademica.  «Da un punto di vista didattico si sarebbero potuti coinvolgere gli studiosi che lavorano in Ema. Avremmo potuto avviare dei nuovi master, per l’Ateneo è una grandissima perdita», spiega Corsini. «Lo scambio di competenze tra il mondo accademico e l’Agenzia avrebbe dato grandi opportunità di crescita al nostro Paese», aggiunge il professore, sottolineando: «L’industria farmaceutica italiana è la seconda in Europa, dopo quella tedesca, avevamo tutte le carte in regola per farcela. Ci hanno penalizzato le alleanze politiche e un po’ di sfortuna finale».

Di cosa si occupa Ema– Le imprese si rivolgono all’Agenzia per richiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio unica. Il parere dell’Ema viene poi raccolto dalla Commissione europea che concede materialmente l’autorizzazione. Questa autorizzazione può essere richiesta anche  ai singoli Stati, tranne che per farmaci derivati da procedimenti biotecnologici, medicinali per il trattamento della sindrome da immunodeficienza acquisita, del cancro, dei disordini neurodegenerativi, del diabete e per i medicinali per malattie autoimmuni, altre disfunzioni immunitarie e malattie virali. In questi casi la procedura centralizzata è obbilgatoria. È previsto un accesso facoltativo a questa procedura anche per i farmaci giudicati innovativi. L’Agenzia si occupa anche di coordinare e regolamentare la vigilanza sui farmaci in Europa, dettando le linee guida. Inoltre effettua controlli periodici sui farmaci esistenti e tiene informati sui nuovi medicinali e su quelli esistenti operatori sanitari e pazienti.