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Un gruppo di richiedenti asilo all’ombra della “Mela reintegrata” di Michelangelo Pistoletto, alla stazione Centrale (foto: Simone Gorla).

«Milano sull’accoglienza ha già fatto tanto e continuerà a fare, ma ora chiediamo un radicale cambio di passo. In città ci sono almeno 1700 persone che non dovrebbero essere qui». Le ultime cifre sull’emergenza migranti a Milano le ha snocciolate l’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino, parlando a Palazzo Marino lunedì 26 settembre davanti al Consiglio comunale. Quella del 2016 è l’estate più difficile per il sistema di accoglienza del capoluogo lombardo, che pure da tre anni riesce a reggere l’urto nei mesi estivi, quando gli sbarchi sulle coste aumentano e in Lombardia si riversano decine di migliaia di disperati. In città ci sono ormai stabilmente tra i 3600 e i 3700 profughi accolti. Troppi, per l’amministrazione milanese. «Di questi 422 sono inseriti nel sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), 508 sono transitanti, 1050 sono inseriti nel sistema nazionale di redistribuzione sul territorio», spiega Majorino. Gli altri? Non spettano al capoluogo lombardo.

Dai transitanti siriani ai richiedenti asilo dell’Africa subsahariana

Dal 2013 a oggi è cambiato tutto. Se tre anni fa la permanenza media dei migranti sotto la Madonnina, prima di proseguire il viaggio verso nord, era di 7,5 giorni – dato sceso a poi 4,5 giorni nel 2014 e 5,8 nel 2015 – adesso chi arriva si ferma a Milano in media 19,8 giorni. Le frontiere verso il centro Europa, prima scelta di chi scappa dalla guerra, sono più che mai sigillate. Proseguire non si può, così in tanti decidono di fermarsi. Non a caso, la percentuale di richiedenti asilo a Milano è schizzata dal 2 all’80 per cento. Anche le nazionalità sono cambiate: nel 2013 il 95 per cento dei migranti veniva dalla Siria, ora prevalgono eritrei, etiopi, somali e sudanesi. La rete delle strutture milanesi, che pure ha sperimentato nuove forme di accoglienza diffusa, spesso gratuita e basata sul volontariato, è da settimane al collasso. L’assessorato al Welfare e la prefettura hanno passato per mesi la città al setaccio alla ricerca di soluzioni d’emergenza. Che non bastano mai: il flusso dei migranti parte dall’Africa subsahariana, prosegue attraverso la Libia e il Mediterraneo e poi nei centri di accoglienza del Mezzogiorno, si incanala all’altezza di Roma e arriva fino a Milano e a Como. É in Lombardia che, complice il confine svizzero reso impermeabile dalla stretta sui controlli, si crea il tappo.

Casette Expo no. Caserma Montello sì, ma…

La soluzione definitiva, nei piani del sindaco di Milano Giuseppe Sala, doveva essere il villaggio dei lavoratori di Expo, a Rho. Uno spazio già allestito con prefabbricati, pronto per accogliere 500 persone da subito. Sembrava tutto fatto all’inizio di agosto, quando sindaco e prefetto lasciarono intendere che il trasferimento dei profughi a Rho era ormai imminente. Poi il presidente lombardo Roberto Maroni si è messo di traverso, annunciando che Regione Lombardia non avrebbe mai dato il suo assenso all’operazione. Dopo giorni di trattative e polemiche, la soluzione alternativa è stata trovata dal governo che ha offerto la caserma Montello, uno spazio dove saranno allestiti entro novembre i posti letto per almeno 300 migranti. Resteranno fino alla fine del 2017, per poi far spazio agli operai che ristruttureranno l’edificio per farlo diventare una nuova sede della Polizia di Stato Una soluzione che fa infuriare gli abitanti della zona, a pochi passi da corso Sempione, e che non soddisfa nemmeno l’amministrazione comunale. «Il campo base di Expo avrebbe permesso di alleggerire Milano di una quota di migranti, la caserma invece continua a insistere sulla città che già sta facendo sforzi straordinari», lamenta l’assessore Majorino.

Sala contro il governo, Renzi contro l’Ue

La tensione in città ha infine portato al cortocircuito tra istituzioni. Il sindaco Sala il 19 settembre ha scritto una lettera al quotidiano La Repubblica per lanciare un messaggio al governo: “Milano sta facendo tutto il possibile. Negli ultimi tre anni abbiamo accolto oltre 100 mila profughi. Ma è necessario che il governo operi perché tutto questo non continui a pesare come un macigno sulle spalle della città”. Solo tre giorni prima il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva a sua volta attaccato le istituzioni Ue: «L’Europa è rigida solo in tema di conti pubblici, ma le regole non vengono rispettate quando si parla di migranti». Il riferimento è al sistema di relocation tra paesi Ue in base a quote approvate nell’autunno del 2015 e mai realmente rispettate. «Si lascia che siano i paesi del Mediterraneo a affrontare da soli il problema – spiega l’europarlamentare socialista Elly Schlein – l’Europa sta facendo all’Italia quello che nel 2015 ha fatto con la Grecia». Contro Renzi e Sala si è scagliato l’ex candidato sindaco del centrodestra milanese Stefano Parisi, per cui le partono dal governo che «ha una politica ondivaga nei confronti dell’Unione europea, che fa sì che non ci vengano date le risorse» mentre «il sindaco deve decidersi a tirare per la giacchetta Renzi e Alfano, dato che nel “patto per Milano” che hanno firmato non c’era una sola parola sui migranti».

Tre migranti di origini irachene, tra i 350 volontari che si sono offerti per pulire le strade di Milano

Tre migranti di origini irachene, tra i 350 volontari che si sono offerti per pulire le strade di Milano (foto: Simone Gorla).

I migranti al servizio della città

Intanto a Milano si cerca di sfruttare in positivo la pressione migratoria, coinvolgendo gli ospiti dei centri di accoglienza in attività di volontariato per la cura della città. Il primo esperimento c’è stato con le giornate “Puliamo il mondo” di Legambiente, quando 350 migranti si sono offerti volontari per la pulizia di quattro quartieri cittadini. Un weekend che si è trasformato nella prova generale per l’impiego dei richiedenti asilo in attività socialmente utili. Da domenica 16 ottobre i migranti aiuteranno gli operatori nella raccolta delle foglie nei parchi, dal mese di novembre saranno impiegati stabilmente nella consegna dei pasti a domicilio agli anziani.

di Chiara Baldi e Simone Gorla