Quante città esistono negli Stati Uniti? Meno di quante si penserebbe. In un territorio che è uno dei più grandi del mondo per estensione, si trovano appena 30 mila tra città e comuni, ma il numero diminuisce a 19.429 se si conteggiano periferie e metropoli come se fossero una cosa sola.
Le grandi città americane sono una realtà piccola anche per popolazione. Quelle che superano il milione di abitanti sono appena nove. In Europa sono ottanta. New York, Los Angeles, Chicago, Houston, Philadelphia, Phoenix, San Antonio, San Diego e Dallas: un’eccezione in un Paese dove la normalità è ancora il piccolo centro di frontiera, un hamburgheria, una pompa della benzina e quartieri di case a due piani qua e là.
Le metropoli americane sono poche e anche in via d’estinzione. Robert Beauregard, professore di urbanistica alla Columbia University di New York, è uno degli esperti di quello che, nei suoi studi, viene chiamato “anti-urbanism”. Disgregazione territoriale. I grandi centri urbani diventano così grandi da generare periferie così popolate da essere città a loro volta. I satelliti si staccano dal pianeta. Orbitano per conto loro, hanno leggi proprie, dinamiche sociali del tutto diverse da quella metropoli di cui sono il prolungamento territoriale.
Una struttura che a qualcuno potrebbe ricordare proprio Milano, dove Beauregard sarà ospite giovedì 5 dicembre, all’Università Statale, per Laboratorio Expo. Nell’ambito dell’evento organizzato da Fondazione Feltrinelli, Beauregard parlerà della crisi della città americana e della sub-urbanizzazione. Nel suo ultimo libro, Voices of decline. The postwar fate of US Cities, Beauregard ha affrontato la tematica non solo dal punto di vista architettonico, ma anche da quello storico, economico e culturale.
Susanna Combusti