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Dopo Milano 2 e Milano 3, è in arrivo Milano4You. «Il nome – racconta Angelo Turi, amministratore delegato di Red azienda incaricata dei lavori – racchiude il senso profondo di ciò che vogliamo fare».
Nell’avveniristica cornice della Samsung smart arena, a due passi da Piazza Gae Aulenti, la mattina del 14 marzo a si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del primo smart district d’Italia. Sorgerà nel quartiere di Boffalora, a nord-ovest di Segrate, comune dell’hinterland milanese da sempre votato all’innovazione urbanistica.
I lavori coinvolgeranno un’area di 300mila mq, di cui 80mila riservati al verde. Tre i pilastri su cui poggerà il piano: efficienza energetica, sostenibilità ambientale, mobilità intelligente. Se a Milano 2 a ogni famiglia erano riservati quattro box auto, a Milano 4, in attesa delle auto a guida autonoma, gli spostamenti saranno affidati alle piste ciclabili e al car sharing. E negli appartamenti saranno previsti strumenti medici, come quelli per misurare la pressione o il battito cardiaco.

Il progetto – 
Un quartiere connesso, in cui al centro saranno posti i servizi per la persona. Perché la domanda immobiliare – racconta Turi – è cambiata, ma non l’offerta. E se è vero che il 25% del Pil italiano dipende dal settore immobiliare, non per questo bisogna rinunciare a innovare, anche perché si sta attraversando una crisi ormai decennale che, secondo l’amministratore delegato di Red, «è da attribuire più al prodotto che al mercato». La sfida di Milano4You, «la prima città nativa digitale d’Italia», sarà quella di minimizzare i costi, migliorando però al contempo i servizi.
Alla progettazione non è stata chiamata nessuna archistar, ma gli architetti dello studio Sagnelli, che hanno deciso di concentrarsi sul piano terra degli edifici e non, come abitudine, sui piani superiori. Con l’obiettivo primario di «far vivere la città – come dichiarato dall’architetto Marco Sagnelli responsabile del progetto – e non semplicemente di farla abitare». Da qui, la priorità ai centri culturali, agli uffici dedicati al co-working, al centro per anziani, alle palestre e ai negozi, luoghi di aggregazione pensati per essere il cuore pulsante di un quartiere inclusivo e partecipato.

Data city – Ma la vera rivoluzione, sostengono i promotori del progetto, sarà nell’utilizzo della grandi quantità di dati che verranno registrati grazie alle tecnologie. «Aziende come Facebook e Google accumulano dati senza che molti utenti ne siano consapevoli e traggono da questo la loro ricchezza, il nostro obiettivo – ha spiegato l’esperto di innovazione digitale Michele Vianello – è quello di raccogliere dati con il consenso dei residenti, utilizzarli per il benessere di chi ci abita e infine venderli per finanziare il welfare urbano». I dati dovranno aiutare anche a monitorare e formulare previsioni con lo scopo di migliorare la manutenzione, ridurre gli sprechi e le perdite di modo da far durare più a lungo la città del futuro.

I precedenti – Una sfida difficile, in una zona che da più di dieci anni aspetta un futuro che tarda ad arrivare. In un primo momento era stata l’azienda tedesca Phoenix Gmbh, con il progetto Santa Monica, a immaginare il futuro di Boffalora. Ma la compagnia è fallita, e l’operazione è naufragata lasciando sul terreno la realizzazione di tre palazzi, adesso poco più che cattedrali nel deserto. Ora la nuova iniziativa, i cui cantieri dovrebbero aprire nell’autunno 2017. I primi spazi dovrebbero essere pronti per il 2019, con l’ambizione di essere un modello di successo e replicabile.