Beppe Sala non è ancora fuori dall’inchiesta Expo. Il sindaco di Milano dovrà aspettare altri sei mesi per conoscere il destino dell’indagine che lo vede coinvolto in presunte irregolarità negli appalti per la cosiddetta “Piastra”. Il giudice per le indagini preliminari di Milano, Lucio Mercantonio, ha prolungato fino al 10 giugno l’inchiesta che interessa  il primo cittadino ambrosiano (in quanto ex amministratore delegato della società Expo) e altre sei persone. Una decisione che accoglie le richieste avanzate il 6 dicembre da parte del sostituto procuratore generale Felice Isnardi, titolare del fascicolo che aveva costretto Sala all’autosospensione da sindaco di Milano il 15 dicembre 2016, prima del ritorno a palazzo Marino pochi giorni dopo. L’inserimento nel registro degli indagati di Sala era avvenuto a seguito dell’avocazione del fascicolo da parte della procura generale di Milano che, per questa ragione, aveva avanzato la domanda di una proroga sui tempi delle indagini.

L’inchiesta, che coinvolge in totale sette persone, riguarda l’infrastruttura più costosa realizzata per l’allestimento dell’Esposizione Universale del 2015: la Piastra, l’ossatura dell’area di Milano-Rho su cui sono stati costruiti i padiglioni. Un appalto dal valore di 272 milioni di euro. Le ipotesi di accusa a carico di Sala sono quelle di falso materiale e concorso in falso ideologico. L’ex commissario unico dell’evento sarebbe indagato per aver retrodatato nel 2012 i verbali di nomina della commissione chiamata a giudicare l’appalto della Piastra, allo scopo di evitare ulteriori ritardi che avrebbero potuto compromettere la riuscita dell’Esposizione.
Tra le sette persone indagate rientrano gli ex manager di Expo, Antonio Acerbo e Angelo Paris, l’ex presidente della Mantovani spa, la società costruttrice dell’opera, Piergiorgio Baita, e gli imprenditori Paolo Pizzarotti, Erasmo Cinque e suo figlio Ottaviano. Nei loro casi la procura indaga sui reati di corruzione e turbativa d’asta.

Il sindaco di Milano non ha commentato la notizia. “Sulla mia iscrizione nel registro degli indagati risponderò solo alla Procura generale”, era stato il commento in Consiglio comunale all’indomani del suo ritorno a palazzo Marino, pochi giorni dopo le rivelazioni giornalistiche che avevano svelato l’inchiesta. Nel suo rientro alla guida della città dopo l’autosospensione il sindaco aveva spiegato di aver verificato l’esistenza delle condizioni necessarie per svolgere in serenità il lavoro di primo cittadino. Nei prossimi giorni Sala incontrerà probabilmente gli inquirenti, allo scopo di fornire ulteriori chiarimenti.