Centomila al giorno. “Doveva fallire e invece funziona”. Dopo l’embargo sui dati ufficiali delle presenze a Expo 2015, a due mesi dal via, i numeri tolgono il velo sulla scommessa dell’Esposizione universale meneghina. E permettono al premier, Matteo Renzi, di prendersi una rivincita “sui gufi”.
Sette milioni di visitatori hanno già varcato i cancelli (molte le scolaresche) di Rho-Fiera e l’afflusso è destinato ad impennarsi con le vacanze estive. Il numero dei visitatori di giugno si saprà solo a fine mese ma il commissario Giuseppe Sala si è dice ottimista: “Sono sicuramente in aumento rispetto al mese di maggio, che ne ha registrati 2,7 milioni”.
A funzionare particolarmente bene è l’apertura serale a 5 euro per chi arriva dopo le 19. Tanto da portare alla decisione (non senza polemiche) di prolungare la chiusura del sito a mezzanotte nel fine settimana. Numeri positivi anche per le vendite: 15 milioni i ticket staccati tra tour operator e canali tradizionali di vendita. “L’affluenza pone Expo 2015 in una posizione di assoluta eccellenza rispetto alle ultime edizioni della manifestazione”, esultano gli organizzatori.
E le visite aumentano ogni volta che tra i padiglioni arrivano capi di Stato e celebrità varie per festeggiare i National Days dei singoli Paesi. Oltre, ovviamente, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le settimane più affollate di missioni istituzionali quelle di giugno. Almeno sei in pochi giorni, da continenti diversi. L’ultimo del mese in calendario è il giorno della vitalità della festa di Israele, con il vice ministro agli Affari Esteri Tzipi Hotovely e lo scrittore David Grossman. Prima, è stata una sfilata di capi di Stato. Dal francese Fracois Hollande, al russo Vladimir Putin, al premier inglese David Camerun. Ancora incerta la presenza della cancelliera tedesca Angela Merkel e del vicepresidente Joachim Gauck: “spero arrivino prima della chiusura”, l’auspicio Sala. La “regine di Expo” per ora è Michelle Obama, la first lady americana, arrivata con figlie e mamma al seguito, è stata un grande sponsor. “Il nostro obiettivo era continuare ad avere persone di rilievo all’Expo. Con Michelle Obama – riflette il commissario – c’erano anche altri due obiettivi: lei è molto impegnata sulle tematiche dell’alimentazione, e ha funzionato la grande copertura dei media americani. Negli Usa abbiamo venduto 700.000 biglietti”.
L’Expo sembra funzionare ancora meglio anche sui social: oltre 450 mila i tweet e più di 1,7 milioni i followers delle varie pagine Facebook dedicate. #Expo2015, con circa 439.000 cinguettii, è l’hastag più gettonato per commentare l’evento. Di settimana in settimana migliora il sentiment del web (l’analisi delle opinioni) sulla manifestazione universale, come rileva il monitoraggio condotto da Reputation Manager, istituto di analisi e misurazione della reputazione online dei brand di rilievo pubblico. Bene o male, purché se ne parli. Crescono i pareri positivi (al 35 per cento contro il 13 della rilevazione dicembre-maggio), diminuisce la quota di neutrali (ora al 21 per cento dal 43 precedente) mentre resta stabile e prevalente la quota dei negativi, al 43 per cento.
Expo uguale padiglioni e cibo. Ma cosa si mangia di più tra decumano e cardo? Spopolano le patatine fritte del Belgio, ma anche le tapas iberiche – anche se a prezzi non proprio abbordabili.
Più che di alimentazione, però, sul web si parla soprattutto di padiglioni e attrazioni. L’effetto magico del “giocare in casa” fa svettare il padiglione Italia sul podio dei più visitati, l’unico occidentale seguito sul podio da Giappone e Korea del Sud che piacciono per l’attenzione allo spreco, l’accoglienza e la qualità del cibo offerto. Le attrazioni più fotografate su Instagram sono l’Albero della vita – “amazing” e “magnifico” per i più, ma “Moira Orfei l’avrebbe fatto meglio” secondo Vittorio Sbargi – e il Palazzo Italia.
Non manca però anche chi considera Expo solo “una cafonata pazzesca, un mercatino, qualcosa che fa orrore”, scrivono i detrattori nei pareri raccolti nel monitoraggio di Reputation Manager. Colpa dell’organizzazione, della (mancata) pulizia, della povertà espositiva di alcune zone e per i prezzi elevati delle aree ristoro o la scarsità di fontanelle d’acqua pubblica.
Elisabetta Invernizzi