Albertini e Formigoni nel 2009 a Milano

Albertini e Formigoni nel 2009 a Milano

Gabriele Albertini è sempre più solo. La candidatura della sua lista civica alle elezioni lombarde rischia di restare soffocata dai giochi politici di Lega e Pdl. I partiti cercano un compromesso sul nome da opporre al centrosinistra. Il Carroccio impone che il candidato unico sia Roberto Maroni, i pidiellini prendono tempo ma aprono all’ipotesi delle primarie di coalizione. Quelle primarie che Albertini proprio non vuole sostenere, per “rispetto della società civile che mi ha indicato a farmi avanti e continua a farlo”.

Parla dei quasi 200 amministratori lombardi che gli hanno garantito il proprio appoggio, insieme a quello di Roberto Formigoni. L’abbraccio del governatore investito dagli scandali, però, ha fatto cambiare idea ad uno dei primi sostenitori della lista civica, Oscar Giannino. Da “Fermare il declino” è arrivata la sfiducia per Albertini: “Non condivide la nostra impostazione”, lontana dal Celeste e dal Pdl.

L’ex sindaco di Milano però non molla e spera ancora nel sostegno del suo partito, che ha fatto sapere alla Lega di voler scegliere un proprio nome o – al limite – di optare per le primarie. Ma se al Carroccio l’idea della corsa interna al centrodestra non fa paura, soprattutto con l’election day che si profila per marzo, Albertini non vuole raccogliere sfida. E anzi passa all’attacco verbale nei confronti di Maroni.

“Fa effetto un candidato che ha una condanna come lui”, dice sui fatti del 1996 che videro l’ex ministro leghista condannato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. “E poi – sibila Albertini – vedremo cosa succederà con Finmeccanica”. La sua strada dunque è chiara: correre contro tutto e tutti, compreso il candidato che il Pdl – di cui è tesserato – potrebbe finire per appoggiare in cambio di un’intesa con la Lega alle elezioni nazionali.

L’idea di un passo indietro, per ora, non sembra sfiorare Albertini. Ci sono però dei precedenti: nel 2011 si mise d’accordo con Berlusconi per non intromettersi nella corsa della Moratti a Milano. Pochi mesi dopo divenne presidente di Edipower. Oggi la ricompensa per ritirarsi, si mormora, può essere un posto al Senato. Ma il rischio di restare da solo, sedotto e abbandonato, è sempre più forte.

Francesco Giambertone