I trattori della Copagri all'Idroscalo di Milano (fonte: infophoto)

I trattori della Copagri all’Idroscalo di Milano (fonte: infophoto)

Si fa presto a dire forconi. Le proteste che da lunedì 9 dicembre hanno mandato in tilt il traffico cittadino di Milano, così come quello di Roma, Torino e Genova, sono state ricondotte dalla stampa al più ampio movimento dei “forconi”, l’ondata di protesta popolare nata tra Sardegna e Sicilia alla fine del 2011. Roberto Cavaliere, presidente di Copagri Lombardia, è invece tra quelli che con questa generalizzazione non ci sta: “Rispettiamo le proteste altrui, ma noi con i forconi non c’entriamo nulla”.

I mezzi della Confederazione Produttori Agricoli lombarda, in tutto cinquecento, da lunedì occupano l’idroscalo di Milano e una parte di piazza Duca d’Aosta, sotto al palazzo della Regione Lombardia, dove una delegazione aspetta di parlare con il governatore Roberto Maroni. La loro, sottolineano, è una battaglia per la salvezza del settore dell’allevamento e del latte, da anni in sofferenza assieme a quello agricolo.

Federico Sesti, portavoce di Copagri, riassume il disagio della categoria in due semplici cifre: “L’80% dei prosciutti e il 50% del latte che consumiamo in Italia provengono dall’estero. Eppure avremmo tutte le risorse per produrli noi”. Una protesta distante non solo geograficamente da quella di piazzale Loreto, dove due o trecento persone bloccano il traffico stradale, ma anche nei contenuti: “Loro vogliono che il Governo cada, noi chiediamo invece uno Stato più presente”, ribadisce Cavaliere, dall’alto del trattore che lo accompagna sotto al Pirellone.

Quindici minuti a piedi da lui, in fondo a Corso Buenos Aires, si agitano slogan di tutt’altra natura. In mezzo ad una delle arterie principali della città, all’imbocco della tangenziale Est, casalinghe e piccoli imprenditori, studenti delle superiori e universitari, liberi professionisti e disoccupati, pensionati e qualche immigrato, ultras e gruppi politicamente schierati, dalle 8 di mattina di martedì 10 dicembre fanno sentire pacificamente la loro voce. Incitano gli automobilisti a scendere dalle loro auto e unirsi all’assembramento, a sfogare insieme, sembrerebbe di capire, il disagio di un Paese che non si riconosce più.

Una protesta nata in maniera spontanea, in cui si fatica a vedere un coordinamento e una guida, di sicuro priva di una direzione condivisa, come racconta uno degli animatori di piazzale Loreto, il cinquantenne Stefano Mazzoleni:

Carlo Marsilli