Duecentoventitré. Duecentoventiquattro, con Fatma Ashraf Shawky Fahmy. Tanti sono i soggetti «gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso» espulsi dall’Italia dal 1 gennaio 2015 ad oggi. Anche così l’Italia sta affrontando la minaccia della radicalizzazione e il rischio attentati sul territorio nazionale. Dal 2015 in poi l’uso delle espulsioni da parte del ministero degli Interni ha subìto un forte incremento. Il record, come riporta il Corriere della Sera, lo detiene Milano, prima città italiana per islamisti allontanati.

Pronta a colpire – «Mi sento pronta. Posso entrare in azione anche a Milano». Così scriveva su Telegram Fatma Ashraf Shawky Fahmy, 22 anni, egiziana di Giza residente dal 2013 a Milano. Dall’altra parte dello schermo c’era un uomo dell’Isis non ancora identificato, tale Abdallah Hasanayn Al-Najjar. L’idea iniziale della ragazza era di andare in Siria, passando dalla Turchia, per unirsi al Califfato. Quando questo aveva cominciato a perdere terreno, Fatma aveva iniziato a progettare un’azione suicida in Italia. Dai suoi interlocutori, però, non ha mai ricevuto nessuna autorizzazione, né le indicazioni pratiche per agire. Ieri, 13 novembre, Fatma è stata rimpatriata in Egitto: l’ha decretato il Viminale, dopo mesi di indagini portate avanti dagli uomini della Digos di Milano. È lei, in ordine di tempo, l’ultima delle 92 persone ritenute pericolose per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato allontanate dall’Italia dall’inizio del 2017. Durante le perquisizioni la 22enne ha confermato l’intenzione di partire per la Siria e i contatti virtuali con l’Isis.

La metamorfosi – In regola con il permesso di soggiorno, incensurata e disoccupata, Fatma viveva con la madre e tre fratelli minori in un appartamento a Gratosoglio, quartiere alla periferia di Milano. Negli ultimi quattro anni la 22enne aveva cambiato abbigliamento e abitudini: dai vestiti occidentali era passata al niqab, il velo integrale che copre viso e corpo, completo di guanti neri per non lasciare scoperto nulla. La ragazza aveva anche smesso di avere contatti con l’esterno, fatta eccezione per una vicina di casa. L’unico suo sfogo era internet: qui, in più occasioni, aveva manifestato l’intenzione di recarsi nei territori controllati dall’Isis per dare il suo contributo alla jihad. Le indagini sono partite proprio da qui, dal web. I poliziotti della Digos hanno anche intercettato Fatma e la sua famiglia per settimane, nel tentativo di ricostruire un’eventuale rete di radicalizzazione che, al momento, non è emersa.

I numeri – Solo due giorni fa Ahmed Hassam Rakha, 31enne egiziano detenuto a San Vittore per spaccio, usciva dal carcere scortato dalla polizia e diretto a Malpensa: qui è stato imbarcato su un volo diretto al Cairo, allontanato definitivamente dall’Italia. Il 6 e 7 novembre altre due espulsioni firmate dal ministero dell’Interno a carico di soggetti residenti nel Milanese. Come ha ricostruito Politico, da tre anni a questa parte il governo italiano ha fatto segnare un’impennata nell’uso dello strumento delle espulsioni. Se, infatti, tra il 2004 e il 2014 la media era di 14 persone allontanate dal territorio nazionale ogni anno, nel 2015 e nel 2016 sono stati riaccompagnati forzatamente nei rispettivi Paesi 132 persone, 66 per ciascun anno. Nel 2017, appunto, per ora sono 92 i soggetti allontanati. Delle 224 persone espulse in meno di tre anni, quasi un quarto (48) vivevano in Lombardia e la maggior parte di questi (22) a Milano.

Le espulsioni firmate dalla Questura – Diverse sono le espulsioni amministrative emesse dalla Questura. Ma anche in questo caso i numeri del capoluogo lombardo sono i più alti della penisola. Finora nel 2017 (il dato ufficiale è aggiornato a settembre) i rimpatri firmati dall’Ufficio immigrazione della Questura di Milano sono stati 823. Nel 2016 erano 762, mentre nel 2015 si fermavano a 296. C’è da dire che solo in minima parte le motivazioni degli allontanamenti hanno a che fare col terrorismo: nella maggior parte dei casi si tratta di stranieri non in regola, con precedenti penali o considerati “pericolosi” per altri motivi. Secondo il Corriere, tuttavia, almeno una dozzina tra gli espulsi del 2017 rientrerebbe nel rischio radicalizzazione.