MILANO – «Si costituiscono parte civile, i mafiosi!». Frasi come questa sono state urlate dagli imputati al termine della lettura della corte. La sentenza del processo milanese “Infinito” – nato dal blitz che ha smantellato nel luglio 2010 le cosche della ‘ndrangheta in Lombardia – ha condannato in secondo grado 44 imputati complessivamente a quasi mezzo millennio di carcere. L’ottava sezione penale di Piazza Filangeri ha stabilito, fra le altre, una pena di 11 anni di reclusione per Carlo Antonio Chiriaco, l’ex direttore della Asl di Pavia, ritenuto colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa. Il pubblico ministero, Alessandra Dolci, aveva chiesto 13 anni e sei mesi.

Tra le altre condanne illustri, diciotto anni sono stati dati a Giuseppe “Pino” Neri, presunto ex capo della struttura di vertice della ‘ndrangheta in Lombardia (la cosiddetta “provincia”), a fronte di una richiesta di 20 anni. All’annuncio della condanna a quattordici anni e sei mesi all’imprenditore Ivano Perego, una donna ha urlato un “no” prolungato prendendosi la testa fra le mani. La presidente del collegio, Luisa Balzarotti, è stata costretta a farla allontanare dall’aula.

Gli insulti e le grida sono partite anche dai parenti dei condannati. A muovere l’indignazione del pubblico i risarcimenti che alcuni degli imputati dovranno pagare alla regione Lombardia: un milione e 300mila euro. Trecentomila euro sono stati stabiliti anche per la parte civile Regione Calabria e la stessa cifra per il Comune di Bollate, il Comune di Pavia, la Provincia di Monza-Brianza, il Comune di Seregno e il Comune di Desio. Disposti 500 mila euro da pagare anche alle presidenza del Consiglio dei ministri, al ministro dell’Interno e al ministero della Difesa. Il primo filone dell’inchiesta “Infinito”, quello con rito abbreviato, si era chiuso in primo grado a novembre con 110 condanne.

Lucia Maffei
Andrea Zitelli