forconi loreto

Un momento della protesta di mercoledì 11 dicembre in piazzale Loreto a Milano

A voler a tutti i costi dare un nome alla protesta, i forconi non bastano. E forse, dovremmo tirar fuori altri attrezzi. Perché, proprio come gli strumenti del contadino sono tanti e vari, così le persone che occupano piazze e strade di molte città appartengono a categorie diverse. Unite da un manico fatto di disperazione generalizzata, insoddisfazione, sconforto e voglia di rivalsa.

Ma di idee chiare, di proposte concrete non c’è traccia. Non, almeno, tra le persone che mercoledì 11 dicembre per il secondo giorno consecutivo hanno occupato piazzale Loreto a Milano, bloccando il traffico a fasi alterne e creando enormi disagi ai cittadini. Proprio gli stessi ai quali si rivolgevano, con i megafoni, i manifestanti, distribuendo loro volantini con su scritto “Ribellarsi è un dovere” ed esortandoli a unirsi alla protesta. Arrivando persino – due ragazze l’hanno fatto – a offrire ironicamente soldi in cambio. Diffondendo nell’aria gelida della musica – con tanto di postazione mobile con dj – per muoversi un po’ e sfuggire al freddo.

protesta loreto

La postazione mobile con dj

Il primo elemento che salta agli occhi unendosi ai manifestanti, parlando con loro, è che al di là della retorica del “contro”, al di là dell’ebbrezza momentanea del ritrovarsi al centro di uno dei punti nodali del traffico milanese e di poterlo gestire come meglio si crede – “fate passare quello con il Ktm!”, urla a un certo punto con il megafono uno dei capi della rivolta, un ragazzo con codino biondo e giubbotto arancione – c’è un grande senso di smarrimento. “Basta allo stato, ai politici, ai sindacati, a questo governo”, recita uno dei volantini. “Basta Europa delle banche”, la scritta che campeggia su uno striscione esposto da un gruppetto di militanti di Forza Nuova.

Già, ma poi? Ammettendo che si arrivi a tutto questo, cosa potrebbe bloccare la protesta, quale potrebbe essere il suo esito? “Un referendum per uscire dall’Europa”, dice Fabrizio, un fascio-leghista vicino al circolo culturale “Il Talebano”. Che poi però diventa più vago se gli si chiede come questo movimento si potrebbe politicizzare, come potrebbe dare un seguito parlamentare alle rivendicazioni, tante e variegate, che la gente presente in piazza affida ai megafoni o ai tanti giornalisti presenti.

Non c’è una logica di appartenenza, tra coloro che protestano. C’è un colore predominante, certo, che è il nero del gruppetto di Forza Nuova, che brandendo lo striscione a mo’ di scudo fa il giro del piazzale bloccando le diverse vie che vi confluiscono. Ma ci sono anche leghisti, c’è il venditore ambulante comunista che stringe la mano al suo “nemico” fascista – “tra brave persone ci si saluta sempre” – c’è il “Tremendo”, ex picchiatore del gruppo ultras juventino Viking, ci sono personaggi strambi che sembrano attratti dall’eterogeneità della protesta.

E ci sono, principalmente, grillini. Che hanno allontanato, dopo il primo giorno di presidio, i ragazzi dei centri sociali perchè hanno esposto striscioni che non condividevano. Niente da ridire, a quanto pare, su quelli esposti dai militanti di Forza Nuova. C’è chi ci sta provando, a mettere un cappello a questi manifestanti. A offrire una sponda partitica a chi proprio contro i partiti si scaglia. Come Silvio Berlusconi, che poi però ci ha ripensato. Come la Lega Nord del neo segretario Matteo Salvini, che ha invitato i manifestanti a occupare il Parlamento.

Ma loro, la gente di piazzale Loreto, almeno su questo ha le idee chiare: “Non chiamateci forconi”, dicono tutti, “siamo il popolo italiano”.

Francesco Loiacono