Laura Carla Lodola si è spenta nella notte tra martedì e mercoledì, all’età di 55 anni, dopo un breve ricovero al policlinico San Matteo di Pavia. Una storia triste, ma all’apparenza normale, se non fosse che Laura Carla pesava meno di venti chili e non usciva di casa da anni. Ricoverata nella giornata di martedì 27 gennaio, la donna è arrivata dai sanitari in condizioni disumane. Sporca, denutrita, con i capelli che arrivavano alle caviglie e unghie lunghissime. I medici, dopo averla lavata e curata sono stati costretti a a vederla spegnersi senza poter far nulla di significativo per salvarla.
Accanto a lei il convivente, Antonino Calandrini, sessant’anni. Al momento non è sospettato di omicidio, ma si attende l’autopsia di Laura Carla prima di decidere in modo definitivo. «Cercavo di nutrirla con il passato di verdura, non mi sono reso conto di quanto stesse succedendo», ha spiegato l’uomo agli inquirenti. La squadra mobile di Pavia aveva disposto il fermo del compagno, prima ancora che la donna morisse. Il procuratore capo Gustavo Cioppa e la pm Ethel Ancona hanno chiesto al Gip la convalida dell’arresto, contestando ad Antonino diversi reati: dal sequestro di persona alle lesioni fino all’abbandono di incapace.
Ma ora restano soprattutto gli interrogativi su come tutto questo sia potuto accadere. La sorella di Laura Carla, Antonella Lodola, aveva interrotto i contatti con la donna già dal 2001. L’ultimo ad arrendersi pare sia stato il fratello, Roberto: tre anni fa aveva provato a parlare con Antonino per convincerlo a chiamare i servizi sociali. Ma il convivente si era sempre opposto. Tanto che gli stessi servizi sociali di Pavia hanno fatto sapere che il caso non è mai stato soggetto di un indagine ufficiale.
Anche i vicini avevano notato il buio intorno alla coppia. «Ogni tanto da quell’appartamento arrivavano urla terribili», hanno spiegato. Le urla sarebbero terminante nel giugno 2014, quando la situazione si è aggravata in modo irreversibile. Dietro al sospetto dei maltrattamenti potrebbe nascondersi anche un caso di estrema depressione. Forse la donna si era allontanata da tutto e da tutti, anche da sé stessa. A luglio il compagno aveva chiesto un periodo di aspettativa dal proprio lavoro di portiere in un collegio, forse per provare a starle a fianco, ma senza cercare alcun tipo di aiuto, chiudendo se stesso e sua moglie in un isolamento assoluto.
Alberto Bellotto