Pietro Maso è tornato libero. Dopo aver scontato 22 anni di pena per l’omicidio dei genitori avvenuto il 17 aprile del 1991 in provincia di Verona, nella mattina di lunedì 15 aprile è uscito dal carcere di Opera. Ad attenderlo fuori dall’istituto penitenziale, oltre a numerosi giornalisti, anche le sorelle Laura e Nadia, che anni fa decisero di perdonarlo.

Maso, oggi 41enne, uccise a sprangate, insieme a tre amici, il padre Antonio e la madre Rosa nella loro casa di Montecchia di Crosara. Per il delitto il giovane, che all’epoca del crimine aveva 19 anni, venne condannato a 30 anni e 2 mesi di reclusione a causa della giovane età. Maso doveva rimanere in carcere fino al 2021, ma la sua pena è stata attenuata da tre anni di indulto e 45 giorni maturati ogni sei mesi per buona condotta –per un totale di cinque anni. Uscito definitivamente dalla casa di reclusione di Opera, raggiungerà la moglie Stefania, sposata nel 2008 dopo aver ottenuto, tra le proteste, la semi libertà e un lavoro.

Per il tribunale di sorveglianza Maso si è effettivamente pentito dei suoi crimini, grazie anche all’avvicinamento alla religione. «Si è fermato a pensare», ha detto Roberta Cossia, il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano che ha firmato il fine pena, «e ha accettato di fare un percorso di revisione, di meditazione. Quel che è certo è che oggi è un cittadino come gli altri e così deve essere considerato». Maso torna libero e, conclude Cossia, «spero che la gente impari ad accettare che quando un castigo viene interamente espiato bisogna passare oltre, abbandonando l’istinto di aggiungere surplus di punizione non previsto».

Dalla “bella vita” veronese all’omicidio, dal carcere alla redenzione grazie all’incontro con don Guido Todeschini: Maso ha raccolto la propria storia nel libro “Il male ero io”, in uscita martedì 16 aprile per Mondadori. Rievocando il crimine, il protagonista reo confesso racconta la logica folle del male e il percorso del riscatto. «Sono in piedi accanto ai loro corpi. Morti. Una linfa gelata mi è entrata dentro, nelle vene, nelle ossa, nel cervello… Non so quanto dura: attimi, minuti, mesi, anni. Alzo gli occhi, punto lo specchio. Mi vedo. Mi vedo. È la mia faccia. E non è la mia faccia. Sono io. E non sono io. Il male aveva accelerato improvvisamente la mia vita».

Silvia Morosi