Sono 2.616 le persone senza fissa dimora a Milano. Per la maggior parte uomini (il 91% dorme in strada, l’86% sceglie i dormitori) e stranieri (l’83% passa la notte per strada e il 77% sceglie invece un dormitorio). Dal punto di vista anagrafico la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 44 e i 60 anni (30%), seguita da quella 25-34 (25%) e da quella 35-44 (21%).

Il dato allarmante è emerso nell’ambito di racContami, il censimento realizzato nella notte dell’11 marzo scorso sul territorio milanese da Università Bocconi, Fondazione Rodolfo Debenedetti e Comune. I risultati della ricerca, resa possibile anche grazie al contributo di circa 900 volontari, sono stati presentati mercoledì 17 aprile presso l’Ateneo. Dallo studio emerge che negli ultimi cinque anni, dal 2008 al 2013, i senza fissa dimora sono aumentati del 69%.

«Numeri rilevanti», spiega Michela Braga della Fondazione Rodolfo Debenedetti, sottolineando però come sia aumentato il numero di coloro che decidono di fare riferimento alle strutture di accoglienza: «Il segnale positivo è che oltre l’80% della popolazione di senzatetto passa la notte nei dormitori».

Il risultato del censimento non sorprende l’amministrazione comunale. «Conferma i dati che i nostri servizi hanno rilevato nei mesi scorsi attraverso le numerose azioni del nostro Piano», afferma l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. Nelle settimane più fredde, infatti, «abbiamo accolto nei nostri ricoveri fino 2.520 persone ogni notte. Da novembre a fine marzo abbiamo ospitato 3.672 persone, 1.625 in più rispetto all’anno scorso».

Quello che manca sono politiche di prevenzione e accompagnamento, come evidenziato dal Presidente di Casa della carità, Don Virginio Colmegna, «per non cronicizzare questo fenomeno preoccupante, investendo nel sociale e nel lavoro». Osservando la difficile situazione in cui si trova il bilancio del Comune, don Colmegna conclude «i tagli che si prospettano spaventano e non si può delegare queste risposte al solo volontariato che rischia altrimenti di non farcela più».

Silvia Morosi