C’èra chi era rimasto orfano di entrambi i genitori, deportati nei campi di concentramento nazisti, chi parlava nove lingue e chi aveva finto di non sapere il tedesco mentre viveva in Unione Sovietica per non rischiare la vita. Sono i mediatori linguistici che hanno permesso lo svolgimento del processo di Norimberga. Le loro vite vengono ripercorse nella mostra “Un processo – 4 lingue” allestita dal 12 al 18 maggio alla Civica scuola per interpreti e traduttori “Altiero Spinelli” di Milano dopo essere stata ospitata a Stoccarda e ad Atene. «Norimberga ha permesso la costruzione di una nuova identità europea», racconta Pietro Schenone, direttore della scuola. «Ma è alla traduzione simultanea che si deve il superamento di quei confini fra Paesi che la seconda guerra mondiale aveva chiuso».

La mostra – Documentari sottotitolati, foto, didascalie, articoli di giornale, fotocopie di diari personali. Ogni mezzo è valido per ripercorrere la storie degli uomini e delle donne che resero possibile la comunicazione tra giudici e imputati di quattro lingue diverse nel primo processo internazionale per crimini di guerra. Il tutto grazie ad un apparecchio specifico, inventato per l’occasione da Leon Dostert, interprete ufficiale di Einsenhower, che permetteva loro di ascoltare e tradurre nello stesso momento. «Nacque così la simultanea», spiega il professor Schenone sottolineando le notevoli difficoltà alle quali andarono incontro i pionieri dell’interpretariato di conferenza: dai crolli emotivi all’imbarazzo di non sapere tradurre parole nuove. Un esempio per tutte: “genocide”, termine inventato solo pochi giorni prima dal giornalista americano Raphael Lemkin. Secondo la docente Annaise Boyer, quello degli interpreti di Norimberga fu comunque un lavoro eccezionale, soprattutto se si considera che ai più mancava una formazione accademica nell’ambito linguistico. «Quasi nessuno aveva studiato quegli idiomi all’università. Come molte altre persone poliglotte all’epoca, anche loro li avevano appresi perché costretti a fuggire dal loro paese», dice Boyer.

Gli incontri – La mostra fotografica non è che uno degli eventi promossi dalla Civica Scuola di Interpreti e Traduttori “Altieri Spinelli” in collaborazione con l’associazione italiana interpreti di conferenza (AIIC). Nel pomeriggio di venerdì 12 maggio è in programma una conferenza per discutere dell’assistenza linguistica come diritto della persona proprio a partire dal processo di Norimberga. Alla tavola rotonda è prevista la presenza,  tra gli altri, del sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Antonio Balsamo e di Ana Kacic, interprete presso la corte di giustizia UE, già attiva presso il tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Sabato 13 sarà invece la volta della vicedirettrice di Rainews24 e dell’ufficiale addetto interprete militare Paolo Cappell che interverranno nell’ambito del convegno “L’interprete in aree di conflitto. Ai confini della neutralità”. Il ciclo di incontri si chiuderà giovedì 18 Maggio con una riflessione sul multilinguismo insieme a Jean-Luc Egger, capo del servizio linguistico del Parlamento svizzero.