Tinder c’era già negli anni Settanta. Tra tutti i libri, documenti, riviste, oggetti che ripercorrono la storia dell’immaginario erotico in Italia, i visitatori si fermano almeno dieci minuti a guardare come funzionava il dating prima di Internet. «È una delle cose che colpisce di più» spiega Pier Giorgio Carizzoni, curatore della mostra SeXXX & Pop, che ha accostato le descrizioni che le persone postano su Tinder a quelle che venivano fatte su Men (rivista anni ’70 per adulti) dai cuori solitari. «Mettere a paragone il sesso di carta e il sesso pop del web è l’idea di tutta l’esposizione». Prima tappa Milano, in uno degli spazi della Fabbrica del Vapore.

È un incontro o uno scontro quello tra Tinder e il giornale dei cuori solitari?
Non voglio dire nulla. Per me questa mostra è un racconto storico-documentario, non è importante la mia opinione. Anzi, devierebbe lo sguardo con cui si possono interpretare i cambiamenti dell’immaginario erotico: ognuno ha un pensiero e una reazione diversa.

Lei dice che le due grandi rivoluzioni sessuali sono quelle degli anni ’70 e del web. Come vivono i giovani queste ere?
È diverso se parliamo dei giovani californiani che hanno dato il via alla liberazione della sessualità, alle prime manifestazioni gay o se invece parliamo di Italia. Qui quel fenomeno sessantottino è arrivato ma i tabù erano presenti oggi come allora. Basta guardare le interviste di strada che fece Pasolini nel ’63 affrontando la sessualità e le risposte che Greta Sclaunich ha ricevuto dai ragazzi del Liceo Parini nel 2019 sugli stessi temi. Cambia poco: sempre gli stessi volti intimiditi e indecisi su come rispondere. Come lo vivono quindi, è la domanda che rivolgo io con questa mostra.

Lì c’è la targa del primo sexy shop di Milano.
Sì, il proprietario ce l’ha prestata recuperandola dal magazzino. Bella eh?

Bella. Ma a rileggere la storia della Milano anni ’70, con l’apertura del primo negozio dedicato al sesso e la diffusione dei cinema a luci rosse, sembra quasi di aver fatto un passo indietro. Oggi i cinema hanno chiuso e i sexy shop non sono ancora la normalità come all’estero.
Secondo me c’è solo un po’ di riservatezza, ma le cose sono cambiate. I sex toys che sono esposti, che per me sono un po’ come degli ufo, raccontano che sono diventati la normalità. Oggi si possono comprare anche online e chi li vende ci sta facendo una fortuna. Sono un fenomeno pop ormai, non c’è più tanta vergogna.

Tutto questo percorso attraverso fumetti, fotografie, video sembra che racconti ancora la predominanza dello sguardo maschile nel nostro immaginario erotico.
Infatti so già che le femministe milanesi degli anni ’70 non saranno contente di questa mostra. Ma io ho raccontato quello che è accaduto. Di una cosa comunque sono contento: nei primi giorni la maggioranza dei visitatori sono sotto i 40 anni, molti giovani. Avevo paura venissero solo i nostalgici sessantottini.