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Il Rettore Gianluca Vago durante il suo discorso all’inaugurazione dell’anno accademico 2013/14

Professori, studenti, tecnici. Hanno occupato tutti i posti disponibili. Ma quella che si è tenuta martedi 11 febbraio all’Università degli Studi di Milano non è stata una lezione qualsiasi. È stata l’inaugurazione del 90esimo anno accademico, un evento che, nella sua versione tradizionale, mancava da 13 anni. Ed è tornato «per presentare successi e criticità», come i 13 milioni di finanziamento nazionale persi nel 2013. Soprattutto, «come occasione di incontro simbolico di una comunità di quasi 70 mila persone», ha spiegato il Rettore Gianluca Vago. Una comunità che, secondo i numeri presentati dal Direttore Generale Bruno Quarta, vanta un posto nel primo 3% del settore a livello mondiale.

A 90 anni dalla fondazione, resta lo stesso l’obiettivo di «servire la società al nostro meglio». Cosi come l’impegno contro la difesa della mediocrità, contro logiche che non siano quelle del talento, dell’apertura al confronto e della gioia della scoperta. Perché l’Accademia, ha raccomandato il Rettore – con indosso la tradizionale toga nera e avorio – deve parlare al plurale: «Non esistono la mia aula, il mio laboratorio, i miei studenti, ma solo le nostre aule, i nostri laboratori, i nostri studenti».

«La ricerca va coltivata in piena autonomia e ogni ricercatore deve poter esplorare percorsi innovativi e originali», ha precisato Vago, prima di aggiungere: «Bisogna ascoltare tutti senza violenza». Un riferimento alle minacce subite dagli studiosi Statale e da Garattini da parte di gruppi animalisti.

Nell’ultimo anno non sono mancati risultati positivi, dal quinto posto per numero di contratti di ricerca nel settimo Programma Quadro Europeo al bilancio chiuso in attivo e al dato in controtendenza sulle matricole (+6%). Il primo ostacolo alla voglia di scommettere su nuovi progetti si chiama burocrazia: «Quando il numero di acronimi supera quello delle idee, un sistema è destinato a morire», è stato il commento del Rettore.

Le cifre, messe in fila dal Direttore Generale Bruno Quarta, raccontano una Statale da cui ogni anno escono 7.600 pubblicazioni scientifiche e 10 mila laureati, «una piccola città». Che si allarga se si considerano anche gli studenti dei 60 indirizzi e il personale, fino a sfiorare le 70 mila unità. Tutte si muovono su una superficie grande come 70 campi da calcio. In euro, si tratta di un Ateneo che l’anno scorso ha perso 13 milioni di finanziamenti nazionali. Ma che, nel 2014, ne ha investiti quasi altrettanti in più nella ricerca.

Dopo l’intervento di Andrea Mazzoleni della Conferenza degli Studenti, in rappresentanza degli studenti «né fannulloni né sdraiati», quest’anno la classica prolusione (il discorso introduttivo) è stata affidata all’ordinario di Filosofia della scienza Giulio Giorello, che ha affrontato il tema La passione della libertà, tra citazioni di Darwin e Leopardi, Hume e Luigi Einaudi. Poi, il professor Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri nonché ex allievo dell’Ateneo, ha ricevuto la laurea honoris causa in Chimica e tecnologia farmaceutiche. Con la sua lezione sulla Responsabilità dell’Accademia nello sviluppo e nell’impiego dei farmaci un anno accademico all’insegna della ricerca scientifica e dell’insegnamento può davvero iniziare.

Giuliana Gambuzza