Letizia Battaglia guarda le foto della sua retrospettiva, a Palazzo Reale

«Nel 1971 ero una poveraccia arrivata a Milano, senza soldi né futuro e con una piccola esperienza di giornalista. Proposi i miei articoli. E mi dissero: e le foto? Cosi ho iniziato a fotografare».  84 anni, capelli rosa e quell’abitudine di fumare che non si spegne nemmeno per le grandi occasioni: Letizia Battaglia ha inaugurato la sua retrospettiva ambrosiana «Storie di strada», in mostra a Palazzo Reale dal 5 dicembre al 19 gennaio 2020. Milano le ha cambiato la vita insieme a Pier Paolo Pasolini, il primo soggetto della sua attività di fotografa, quando  Battaglia capisce che la fotografia sarà tutta la sua vita. «Sono commossa. Essere qui oggi è come una conclusione», ha detto la fotografa, accolta a Palazzo reale dalla curatrice Francesca Alfano Miglietti e dall’assessore comunale alla Cultura Filippo Del Corno.

Il periodo milanese – «Pasolini apre la mostra perché è uno dei motivi per cui Letizia Battaglia è venuta a Milano. Aveva scoperto che avrebbe tenuto un incontro pubblico al centro Turati e lei lo ha raggiunto», spiega Alfano Miglietti. «Pasolini fu una luce, un mito, lo andai a cercare con la mia macchina fotografica», si legge all’ingresso della mostra. «Nel 1971 era già madre e lavorava in un clinica psichiatrica, a Palermo, come operatrice», ricorda ancora Miglietti. L’ispirazione arriva dal mondo intellettuale milanese, soprattutto attraverso il contatto con la Palazzina Liberty di Dario Fo e Franca Rame. Poi la fotografa torna a Palermo, dove è assunta, prima fotoreporter donna in Italia, al quotidiano L’ora con cui collaborava dal 1969.

Il giudice Falcone, a Palermo

Non solo mafia – «Con la mafia ero obbligata a fotografare il dolore. Questi momenti invece sono miei, più banali se vogliamo», dice la fotografa, stupita dalla disposizione e dal senso della mostra. «Francesca, io non avrei mai messo le mie fotografie cosi, è meraviglioso quello che hai fatto!», dice alla curatrice Alfano Miglietti.
Letizia Battaglia non ama parlare di mafia. I morti ammazzati, se avesse potuto, non li avrebbe fotografati. Palermo, in quegli anni è una città selvaggia e difficile da guardare anche attraverso l’obiettivo fotografico. Con la sua «macchinuzza», è la prima reporter a fotografare la morte di Piersanti Mattarella. Nella terza sala della mostra, sfilano affastellati scene di delitti, vedove imploranti, folle e auto insanguinate. Il giudice Falcone appare in numerosi scatti fuori dal palazzo di giustizia. La sua morte, il 23 maggio 1992,  farà allontanare Battaglia dai morti ammazzati e dalla cronaca nera. «Per Letizia Battaglia la mafia è una guerra civile, non è delinquenza comune», dice Alfano Miglietti.

Fotografia neorealista – Battaglia non ama il colore, «la sua natura è neorealista. C’è quel tipo di bianco e nero che non ha mezze misure. Uno sguardo duro che delinea immagine che sembrano senza luce, come se ci fosse una penombra», commenta la curatrice. Ma ci sono 5 foto a colori nella collezione di Palazzo Reale che attirano l’occhio dello spettatore: un fiore, due bambine, una foto dal Palermo pride 2018. La drag queen colta nel momento di festa, coloratissima in primo piano, un’immagine che riporta alla realtà, unica esplosione di colori in un gruppo di soggetti inchiodati dal tempo, in un bianco e nero sulfureo e fermo.

 

Le donne e Palermo –  «La vedete quella foto? Io sono quella drag queen», dice la fotografa ai giornalisti presenti. E sembra quasi la dichiarazione del suo manifesto fotografico. Letizia Battaglia fotografa i suoi soggetti da vicino, non c’è distanza, li interpella direttamente. E ne cerca l’essenza, come per il suo ultimo progetto sulle donne Palermo nuda, che spera di completare tra due anni. «Amo fotografare il corpo delle donne. Sono i miei soggetti preferiti. Qui non c’è niente di pornografico», dice a un cronista indicando i nudi di donna esposti sopra di lei.
Intanto Battaglia dirige il centro internazionale per la fotografia di Palermo al centro culturale Zisa, nel padiglione 18. Un’attività che condivide con cinque collaboratori, che ha portato in Sicilia circa 20 mostre di fotografi internazionali. Parlando della sua città, la fotografa ricorda: «C’è una poesia di Ezra Pound, dice ‘Il mondo ti appartiene”. E Palermo è il mio mondo».