La facciata del Tribunale di Milano (foto di Alessandra Tommasi)

Ergastolo e nove mesi di isolamento diurno. È questa la condanna in primo grado per Alija Hrustic, accusato di aver torturato e ucciso il figlio di due anni e mezzo a Milano il 22 maggio 2019. Il 25 maggio la Corte d’Assise ha confermato le accuse di omicidio volontario, tortura e maltrattamenti, tutti aggravati, e Hrustic dovrà risarcire con un totale di 300mila euro la compagna e le figlie, costituitesi parti civili nel processo. È la prima condanna per tortura in ambito familiare in Italia.

La sentenza – La prima Corte d’Assise di Milano, presieduta da Elio Mannucci Pacini, ha accolto integralmente le richieste di pena della pm Giovanna Cavalleri, formulate nell’udienza dello scorso 17 maggio. È stata ritenuta credibile la ricostruzione dell’accusa, secondo la quale Hrustic avrebbe ucciso il figlio con un colpo alla testa, «ultimo atto di una notte di sevizie». Il corpo del bambino presentava 51 lesioni, tutte inferte nelle 48 ore prima della morte. Ma il 26enne è stato condannato anche per i maltrattamenti dei mesi precedenti, sia al figlio che alla compagna. Durante quel periodo si sarebbero verificati, inoltre, i «gesti di violenza connotati da gratuita crudeltà» che hanno portato all’accusa di tortura. La Corte ha invece assolto Hrustic dai maltrattamenti nei confronti delle figlie: «Il fatto non sussiste». Alla compagna e alle figlie è stato riconosciuto un risarcimento di 100mila euro a testa.

La tesi difensiva – Prima della sentenza, in mattinata, l’avvocato della difesa, Giuseppe De Lalla, aveva cercato di smontare la ricostruzione dell’accusa. Nell’arringa, ha sostenuto che la morte di Mehmed sarebbe stata accidentale: «Il bambino è morto perché l’ha picchiato, ma l’imputato non voleva ucciderlo. L’ultima ferita mortale ha dato l’esito nefasto dopo le tante botte di quella sera». Secondo De Lalla si sarebbe trattato di omicidio preterintenzionale, un reato che prevede come pena massima 18 anni di carcere. La difesa ha anche chiesto l’assoluzione dai reati di maltrattamenti e tortura: per l’avvocato la compagna di Hrustic, unica testimone delle violenze, sarebbe inattendibile. Di fronte alla sentenza, De Lalla ha commentato: «Francamente non mi aspettavo la condanna per tortura, così come è stata ricostruita negli atti. Né mi aspettavo l’ergastolo. Sembra incredibile, ma io speravo in una condanna a 30 anni, che avrei ritenuto più attinente ai fatti». Ha annunciato inoltre il ricorso in appello.

Il reato di tortura – L’articolo 613-bis del Codice Penale è stato introdotto nel 2017, su sollecito della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in seguito ai fatti del G8 di Genova. La sua applicazione, però, non riguarda solo casi di abusi da parte delle forze dell’ordine. La norma, infatti, punisce chi, «con violenze o minacce gravi», provoca «acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico» a chi si trovi sotto la sua custodia o potestà, anche tra privati. Alcune recenti applicazioni della Cassazione hanno riguardato gli abusi ai migranti nei centri di detenzione libici oppure le vessazioni di un gruppo di giovani ai danni di un anziano.