Valerio Onida, 78 anni, è stato giudice della Corte Costituzionale dal 1996 al 2005

Valerio Onida, 78 anni, è stato giudice della Corte Costituzionale dal 1996 al 2005

“La democrazia senza cultura è un involucro formale, privo di contenuto”.
Valerio Onida, dal palco dell’aula magna della Statale di Milano, affronta il tema, spinoso e quanto mai attuale, della funzione civile dell’università.
E lo fa nel giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico, alla presenza del rettore Gianluca Vago, del Presidente del Senato Pietro Grasso, di Nando Dalla Chiesa e dei tre “preti si strada” (don Ciotti, don Colmegna e don Rigoldi), cui il rettore ha voluto attribuire la laurea honoris causa in scienza della comunicazione pubblica e d’impresa.

Onida, milanese, 78 anni, giudice emerito della Corte Costituzionale, ha voluto sottolineare il ruolo fondamentale che l’università (intesa nel senso latino di universitas) deve ricoprire nel percorso di realizzazione piena della persona. “Il diritto all’istruzione – ha dichiarato – non va percepito come mero diritto acquisito ma presuppone l’impegno a partecipare responsabilmente al progresso civile e sociale”.

A maggior ragione in un momento di vistosa crisi dei corpi intermedi (partiti e sindacati su tutti), gli atenei devono tornare a essere uno strumento di democrazia, a porre cioè le premesse per una cultura politica diffusa che rifiuti le atomizzazioni e i populismi. Il pensiero “creativo e critico” che scaturisce dal dibattito universitario non deve chiudersi nella “cittadella del sapere” ma deve avere il coraggio di assumere la guida dei processi storici in atto. A tal proposito il giurista milanese cita il caso dei cosiddetti “professorini” della Costituente, giovani laureati che con il loro fermento contribuirono in modo determinante alla stesura della carta fondamentale.

L’università non deve avere paura di aprirsi all’esterno, come accadeva una quarantina di anni fa (“non sempre con esiti positivi”, precisa Onida), e deve contemperare l’esigenza di un sapere specialistico con la consapevolezza di far parte di un contesto in costante espansione. Il processo di europeizzazione e di creazione di una lingua comune delle scienze fa ben sperare in questo senso. L’Expo sarà l’occasione per proseguire nella creazione di una “città dell’uomo” dai confini sempre più ampi. Starà a Milano e alla sua università, che oggi compie 90 anni, saperla sfruttare.

Emiliano Mariotti