«Oggi per la prima volta le donne italiane si recano a votare. Tutte sentiamo questo nuovo dovere che ci fa partecipi integramente della nostra rinata democrazia». Un’inusuale voce femminile racconta alla Settimana Incom dell’Istituto Luce le donne al voto. Il 2 giugno del 1946 il suffragio diventò davvero universale per tutti e due i sessi. E lo diventò proprio in uno dei voti più importanti della storia italiana: la scelta tra Repubblica e Monarchia e per l’Assemblea costituente.

Resistenza e diritti – L’Italia non è ancora libera dal nazifascismo, ma nell’ottobre del 1944 i gruppi femministi organizzano la prima mobilitazione per chiedere il riconoscimento del voto. Grazie alla pressione di queste associazioni e all’accordo tra il ministro degli Esteri e segretario della Democrazia cristiana Alcide De Gasperi e il vicepresidente del consiglio dei ministri e capo del Partito comunista Palmiro Togliatti, il 1° febbraio 1945 il capo del governo, Ivanoe Bonomi, estende il diritto di voto alle donne di tutto il Regno che abbiano compiuto ventun anni.
Per il giornale socialista l’Avanti, le donne si sono guadagnate il voto grazie al loro impegno in guerra: «Fin dai tempi degli antichi romani, il voto è stato connesso con la capacità militare, e le donne oggi hanno subito i bombardamenti e le privazioni quanto gli uomini».

Le donne nelle istituzioni – Il 1945 è anche l’anno delle prime rappresentanze femminili in politica: quattordici (su 430 membri) entrano nella Consulta nazionale, un organo non elettivo con funzioni consultive rispetto all’esecutivo. È il primo passo delle donne in politica. I primi interventi saranno quelli di Angela Guidi Cingolani (Dc) e Rina Picolato (Pci), rappresentanti delle due anime italiane, ma anche di tutte le donne del Paese.

La consultrice Picolato durante un discorso (La Domenica degli Italiani, 1946)

Dal voto alla candidatura – Nel 1945 le donne possono solo votare, l’anno successivo hanno il diritto di candidarsi per le prime elezioni dell’Italia liberata, quelle amministrative di marzo e aprile, «Purché sappiano leggere e scrivere». Un’altra conquista è la concessione, a tutte le cittadine con almeno 25 anni, di poter essere elette nella futura Assemblea costituente.

«Senza rossetto» – Il voto alle donne preoccupa: molti si chiedono se sapranno votare. Il dubbio è sollevato anche da Verginia Minoletti Quarello, membra della consulta del Partito Liberale. A tal proposito, nell’ottobre del ’45 nasce per iniziativa di Carla Garabelli Orlando l’Associazione nazionale donne elettrici (Ande), tutt’oggi esistente. «Al seggio meglio andare senza rossetto alle labbra. Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto». Questo il consiglio del Corriere della Sera poco prima del voto.

Uno dei manifesti elettorali della Democrazia cristiana per il voto del 2 gugno

Campagna elettorale – In vista del voto del 2 giugno, inizia la guerra degli “attacchini” e le città si riempiono di manifesti elettorali, molti dei quali rivolti alle donne. «Non avremmo avuto la guerra se tua madre avesse potuto votare» (Dc), «Donne italiane, Per la Repubblica! Per la pace e il lavoro! Per la ricostruzione della famiglia! Per il benessere dei vostri figli! Per l’avvenire d’Italia! Votate così» (Pci).
Tutti i dubbi sulla capacità delle donne di andare al seggio furono spazzati via il giorno del voto. Il 2 giugno delle donne è ricordato così dalla politica e partigiana Tina Anselmi: «E le italiane, fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate».

Una pagina de La Domenica del Corriere, 3 agosto 1946

Madri costituenti – Ventuno donne sono elette in Assemblea costituente, in rappresentanza di tutti i ceti sociali: quattordici sono laureate e tra di esse ci sono due operaie, un’artigiana, una chimica, una pubblicista, una sindacalista, dieci insegnanti di scuola media e superiore, tre casalinghe, una funzionaria di partito e un’ispettrice del lavoro. Malgrado le elette rappresentassero solo il 3,78% dell’assemblea, il loro è stato un contributo attivo e importante per la nascita della nostra Costituzione.