Come ogni anno, il 27 aprile, la cittadina di Dongo sulle sponde del Lago di Como è stata teatro di una giornata ad alta tensione simbolica e politica. Da una parte la commemorazione della gerarchia fascista – non è mancato il tributo a Benito Mussolini – dall’altra chi il fascismo continua a combatterlo con striscioni e raduni nonostante siano passati 80 anni dalla Liberazione. In Italia l’apologia al fascismo è reato dal 20 giugno 1952, ma c’è un motivo per cui questi episodi continuano a verificarsi e ad essere legalmente ammessi.
In occasione dell’anniversario della cattura di Mussolini e dei gerarchi fascisti avvenuta ottant’anni fa, nella giornata di ieri oltre un centinaio di militanti di estrema destra provenienti da varie parti d’Italia si è radunato sul lungolago di Dongo. L’evento, organizzato dall’associazione culturale “Mario Nicollini“, ha visto i partecipanti deporre fiori e una corona sulle acque del lago proprio dove, il 27 aprile 1945, furono catturati quindici gerarchi della Repubblica Sociale Italiana, poi fucilati dai partigiani il giorno successivo.
Durante la commemorazione, i presenti hanno risposto alla rituale chiamata dei nomi dei gerarchi con il grido «presente» e il saluto romano. Dopo la cerimonia a Dongo, il corteo si è spostato verso Giulino di Mezzegra davanti a Villa Belmonte, luogo dell’esecuzione di Mussolini e dell’amante Claretta Petacci.
Il Presidio Antifascista dell’Anpi – In contemporanea, nella piazza principale di Dongo, l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha organizzato il presidio “Memoria significa Resistenza”, chiamando a raccolta cittadini, associazioni e sindacati dalle 8.30 del mattino. L’iniziativa aveva l’obiettivo di difendere la memoria storica della Resistenza e la piazza dedicata al martire partigiano Giulio Paracchini dalla «provocazione delle camicie nere».
Centinaia di persone hanno risposto all’appello, affollando la piazza con bandiere, striscioni che recitavano «Dongo è luogo della memoria che dice no ai razzismi e ai fascismi di ieri e di oggi» e cori come «Ora e sempre Resistenza». Durante la manifestazione, i partecipanti hanno cantato Bella Ciao e ribadito il rifiuto di ogni forma di revisionismo e nostalgia fascista, sottolineando l’importanza di preservare i valori antifascisti sanciti dalla Costituzione.
Il presidio antifascista e la commemorazione neofascista sono stati tenuti separati da un massiccio cordone delle forze dell’ordine, che ha garantito la sicurezza e impedito contatti diretti tra i due gruppi. Non si sono registrati incidenti.
Reazioni e polemiche legislative – Esponenti dell’Anpi e rappresentanti del Partito Democratico hanno chiesto chiarimenti sulle modalità di autorizzazione della manifestazione neofascista, considerata una «vergogna» e un’offesa alla memoria antifascista del Paese, soprattutto nell’ottantesimo anniversario della Liberazione. Ma perché le forze dell’ordine non sono intervenute durante i saluti fascisti dei presenti?
La legislazione italiana, attraverso la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e la legge Scelba del 1952, vieta espressamente la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e punisce penalmente l’apologia del fascismo, ovvero la propaganda e l’esaltazione pubblica dei suoi principi, simboli e metodi. Tuttavia, tale divieto può entrare in conflitto con i diritti fondamentali di libertà di espressione e di riunione, tutelati dall’articolo 21 della Costituzione. In particolare, la Corte Costituzionale ha chiarito che le manifestazioni commemorative prive di intenti di proselitismo devono essere valutate caso per caso, considerando il contesto e la finalità dell’evento: solo laddove emerga il pericolo effettivo di riorganizzazione o di diffusione dell’ideologia fascista, la commemorazione può avere gli estremi del reato. Questa interpretazione mira a bilanciare il divieto assoluto di ricostituzione del partito fascista con il rispetto delle libertà costituzionali, evitando che la mera commemorazione, in assenza di intenti propagandistici, sia automaticamente penalmente rilevante.