Sul banco degli imputati c’è in questi giorni la disciplina contro la tortura, contenuta negli articoli 613 bis e 613 ter del codice penale. Fratelli d’Italia ha proposto la loro abrogazione, motivandola con il «rischio di subire processi strumentali» per le forze dell’ordine e di Polizia, secondo quanto riporta il resoconto presentato alla Camera. La proposta del partito di Meloni è quella di abrogare la legge in vigore e di sostituirla con una circostanza aggravante per il reato di lesioni gravi. L’articolo 613 bis del Codice Penale prevede oggi la reclusione da 4 a 10 anni per l’individuo che provoca sofferenze fisiche o traumi psichici a persone private della loro libertà personale o affidate alla sua custodia o vigilanza. È stato introdotto nel 2017 dopo un lungo iter legislativo cominciato nel 2013 con una proposta di legge presentata dal professor Luigi Manconi, sociologo e allora senatore nel Partito Democratico. La discussione in Commissione Giustizia produsse una legge approvata a maggioranza, ma senza il voto dello stesso Manconi.
Professor Manconi, perché non firmò il testo finale della legge da lei proposta?
«Il testo approvato era diverso da quello che io avevo proposto. Io avevo parlato di tortura come reato derivante dall’abuso di potere, quindi imputabile a ufficiali dello Stato e a funzionari pubblici, invece è diventato un reato comune, quindi che può essere attribuito alle relazioni tra comuni cittadini. Nelle mie intenzioni la tortura doveva essere il risultato di una degenerazione del potere, esercitato in maniera orrenda e illegale».
Cosa ne pensa della proposta di abrogazione di Fratelli d’Italia?
«Ne penso malissimo. Il disegno di legge, pur così modificato, fu comunque un passo avanti. Loro vorrebbero lavorare per far sì che si torni alla condizione di prima, cioè al reato di lesioni gravi con l’aggravante che a provocarle siano pubblici ufficiali. Trasformare un reato specifico in una causa aggravante avrebbe come conseguenza quella di portare a margini di tutela facilmente riducibili sotto la soglia della reclusione».
Secondo lei con il 613 bis e ter c’è il pericolo che la Polizia subisca denunce e processi strumentali?
«No, basta guardare ai casi in cui è stata applicata la legge fino ad ora, ovvero a proposito di vicende di oggettiva crudeltà violenta e lesioni ai danni di persone private della loro libertà, in una condizione di subalternità da parte di operatori di polizia penitenziaria che in maniera reiterata hanno attuato episodi di tortura».