«Comunista per tutta la vita, ha militato nel Pci fino alla radiazione, lavorato a Rinascita, fondato e difeso il Manifesto in tutta la sua lunga storia». Così la redazione del Manifesto saluta Valentino Parlato, morto martedì 2 maggio a Roma. Aveva 86 anni. Parlato fondò il giornale nel 1969 insieme a Lucio Magri, Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Luciana Castellina e altri. La pubblicazione nacque in forma di rivista e da subito si distinse per le sue posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito che chiese l’espulsione del gruppo. Da quel momento in poi la storia di Parlato coincise con quella del Manifesto, del quale fu più volte direttore.

La militanza nel Pci – Valentino Parlato era nato a Tripoli il 7 febbraio del 1931 da famiglia originaria di Agrigento, in Sicilia. Il padre, un funzionario del fisco, si era trasferito in Libia per lavoro. Parlato si iscrisse al partito comunista libico e per questo nel 1951 venne espulso dal Paese, allora protettorato inglese. «Ero studente in Legge. Se fossi sfuggito a questa prima ondata (di espulsioni), sarei diventato un avvocato tripolino.  Quando Gheddafi m’avrebbe cacciato, nel 1979, insieme a tutti gli altri, mi sarei ritrovato in Italia, a quasi cinquant’anni, senz’arte né parte. Sarei finito a fare l’avvocaticchio per una compagnia d’assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo. L’ho veramente scampata bella», raccontò in seguito. Invece, grazie all’espulsione, tornò a Roma e divenne funzionario del Pci. Cominciò a scrivere per l’Unità, poi Giancarlo Pajetta lo chiamò a Rinascita come redattore economico.

Il suo giornale-  «Il Manifesto era la sua creatura, quando le cose hanno cominciato ad andare male ha sofferto molto». A dirlo è Bruno Perini, che cominciò a lavorare al quotidiano comunista nel 1978, dopo aver conosciuto Parlato durante una vacanza in Grecia. «Per me è stato un maestro di giornalismo e di vita», afferma Perini. «Una volta Cesare Romiti lo chiamò per lamentarsi per un mio articolo molto duro sulla Fiat di Torino», racconta, «Valentino mi difese, dicendo che le cose stavano così come le avevo scritte. Romiti si arrabbiò». Nel ricordo di Perini, Parlato è soprattutto l’amico che lo sostenne anche quando se ne andò dal Manifesto. Nel 2012 anche l’ex direttore decise di lasciare il giornale, non condividendo i tentativi fatti dalla direzione per rimediare alla crisi.

Raggi – Nel 2016, intervistato da Concetto Vecchio per Repubblica, dichiarò di aver votato per Virginia Raggi. «Ero talmente indignato verso il Pd», spiegò, «che per la prima volta ho tradito la sinistra, spero sia anche l’ultima». Nella stessa intervista disse che l’affermazione di Trump nella corsa alla Casa Bianca avrebbe finalmente spinto la sinistra a tornare a sporcarsi le mani.

Bric a Brac- Parlato ha raccontato se stesso nel documentario Vita e avventure del signor di Bric a Brac, scritto e diretto dal figlio Matteo con Marina Catucci e Roberto Salinas. Anche in questa autobiografia scelse la chiave dell’ironia e della provocazione: «il delinquente, il ladro», dice ad un certo punto, «è sempre uno dotato di una capacità di andare contro corrente, che magari lo porta in galera. Rispetto al conformista sono personaggi che si possono raccontare, sono vivi»