Stefano Lo Russo ha vinto le primarie del centrosinistra di Torino con meno voti, 11.651, delle oltre 16.000 firme raccolte per presentare le candidature. Solo 300 preferenze lo separano dal civico Francesco Tresso, sostenuto anche dal Movimento 5S. Segno che il percorso è ancora irto di ostacoli: fu proprio Lo Russo, da capogruppo del Pd al Consiglio comunale, a denunciare la sindaca Appendino per un presunto falso in bilancio, che le è costato la rinuncia alla candidatura. Battere l’uomo del centrodestra, l’imprenditore Paolo Damilano, forte del sostegno nelle periferie, non sarà compito semplice.
Roma – Anche nella capitale, il mancato accordo tra Pd e Cinque Stelle, dopo un tentativo di “baratto”, che prevedeva l’appoggio del Movimento a Zingaretti candidato sindaco in cambio del via libera per la Regione, complica la situazione. La sindaca uscente, Virginia Raggi, non ne ha voluto sapere di rinunciare a correre per la conferma al Campidoglio. Mettendo così in difficoltà il Pd, insidiato da Calenda, anch’egli renitente a qualsiasi accordo e in campagna elettorale ormai da mesi, e costretto a candidare l’ex ministro dell’economia Gualtieri, che uscirà plausibilmente vincitore dalle primarie del 20 giugno.
Il centrodestra ha invece trovato l’accordo sul ticket Michetti-Matone, proposto dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e in principio inviso a Salvini e Berlusconi. La candidatura dell’imprenditore – che ha anche fatto riemergere inchieste della Corte dei Conti sulla sua attività, nonché polemiche su un suo lodo al saluto romano – è stata ufficializzata mercoledì sera, in un vertice da cui sarebbe dovuto uscire anche il nome del candidato sindaco a Milano.
Milano – Nel capoluogo lombardo, però, il centrodestra naviga ancora in mare aperto. Giorgia Meloni ha espresso senza remore il suo fastidio per l’ennesimo rinvio, nonostante «le opzioni stiano già sul tavolo», e ha dato come ultimatum la riunione di mercoledì 16 giugno. Dopo la rinuncia dell’ex sindaco Albertini, l’alfiere che dovrà sfidare Beppe Sala, confermato sin da dicembre come candidato del centrosinistra ma non appoggiato dai Cinque Stelle, verrà selezionato tra una rosa di più nomi: i manager Riccardo Ruggiero, a capo dell’azienda di telecomunicazioni Melita Italia, e Fabio Minoli, con un passato politico in Forza Italia e un presente di direttore della comunicazione di un colosso come Bayer Italia, a cui si è aggiunto dalla scorsa settimana Oscar di Montigny, amministratore delegato di Mediolanum Comunicazione e marito della figlia di Ennio Doris, nome che sarebbe stato suggerito come possibile candidato da Silvio Berlusconi. Sullo sfondo rimane l’ipotesi Maurizio Lupi, vittima recentemente di un incidente in moto, insieme quel medico a cui più volte il «Capitano» leghista ha fatto riferimento. Secondo il sito Affaritaliani, si tratta di Gian Vincenzo Zuccotti, preside della facoltà di Medicina alla Statale.
Bologna – Nel prossimo vertice, oltre al candidato di Palazzo Marino dovrebbe essere scelto anche quello di Bologna. Anche qui regna l’incertezza. Secondo un sondaggio realizzato tra il 20 e il 27 maggio da Nomisma/Ixè, il 16% degli intervistati in un’ipotetica votazione politica sceglierebbe Fratelli d’Italia, il 9% la Lega e il 4% Forza Italia. Numeri che conferirebbero un forte potere contrattuale a Giorgia Meloni. Il consiglio al centrodestra dell’amministratore delegato di Nomisma, Luca Dondi dall’Orologio, è quello di attendere le primarie del centrosinistra, previste sempre il 20 giugno: «Se vince Lepore, ha più chance un candidato che ha possibilità di prendere una parte dell’elettorato di centrosinistra. Servirebbe una persona più identitaria invece contro Isabella Conti. Secondo me ci sarebbe anche spazio per una terza via, una valutazione da fare però dopo le primarie». Primarie che, a differenza di Roma, presentano un nome “forte” anche di Italia Viva, Isabella Conti, che se la vedrà con Matteo Lepore, sponda Pd. Una vittoria del secondo comporterebbe anche l’appoggio del Movimento col favore del nuovo leader in pectore Giuseppe Conte
Napoli – L’unica città dove l’intesa Pd-5S non è in discussione è Napoli. Nel capoluogo campano i due partiti hanno trovato la sintesi in Gaetano Manfredi, ex ministro dell’Università del governo Conte 2 e inizialmente rinunciatario. Così, per Giuseppe Conte sarà possibile «costruire insieme un progetto per la città e essere protagonisti in prima persona del suo percorso di rilancio insieme a una figura autorevole come quella di Gaetano Manfredi». Anche il centrodestra qui è unito, raccolto intorno alla figura del magistrato Catello Maresca.
Calabria – Tra il 15 settembre e il 15 ottobre si voterà anche per eleggere il Presidente della Calabria, a causa della morte di Jole Santelli lo scorso ottobre. Dopo il ritiro del giovane consigliere regionale Nicola Irto – per il mancato sostegno da parte dei pentastellati e per un presunto tradimento, denunciato da parte dei “piddini calabresi” da part del Nazareno – Enrico Letta, forte del vantaggio nell’ultimo sondaggio Ipsos e dell’ottimo risultato raccolto alle elezioni lo scorso anno (15%, contro il 6% del M5s), sta lavorando per trovare un nome comune insieme a Giuseppe Conte, preferibilmente una donna. Ma il candidato per ora più forte è l’editore Rubbettino, che tuttavia declinò nel 2020. A complicare la situazione ci sono il senatore di Italia Viva, Ernesto Magorno e l’attuale sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che ha raccolto l’appoggio di otto liste civiche e di una frazione dei cinque stelle. Confusione del centrosinistra a cui fa da contraltare l’unità, almeno in questo frangente, del centrodestra, che ha assegnato la “quota Calabria” al parlamentare berlusconiano Roberto Occhiuto.