Alla chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini Giulio Andreotti ci andava ogni mattina. Per partecipare alla Messa delle 8. La stessa chiesa ospita alle 17 di martedì 7 maggio i suoi funerali. I funerali di colui che, nel bene e nel male, ha segnato la storia repubblicana italiana per quasi mezzo secolo. Dalla Costituente al crollo della Prima Repubblica. Funerali privati, non di Stato – per volontà della famiglia – e nessuno sfarzo per l’estremo saluto al sette volte Presidente del Consiglio, che si è spento all’età di 94 anni. Una bara semplice, hanno riferito i familiari. Il democristiano che ironicamente era chiamato “Il Divo” ha così voluto mantenere anche per l’estremo saluto quel profilo umile e riservato che è stato il filo conduttore della sua esistenza.
La camera ardente è stata allestita nell’abitazione romana del senatore a vita, in Corso Vittorio Emanuele II. Un appartamento che dal quarto piano si affaccia sul Tevere e sul Vaticano, i due centri di riferimento della vita politica di Andreotti. Rappresentante di spicco di quello che ai tempi veniva un po’ malignamente definito come il partito “italo-vaticano”, un intreccio di Democrazia Cristiana e alte sfere cardinalizie. Giulio Andreotti era “Il popolo del Papa dentro la Dc”, secondo il celebre ritratto di Francesco Cossiga. Andreotti è stato: “Un uomo di Stato. Lo è stato a tutela dello Stato italiano, ma anche di quello Vaticano: questa è stata la sua doppia personalità”. Così lo ha definito Rino Formica, storico esponente del Partito Socialista che verso Andreotti ebbe infiniti motivi di avversione politica ma anche un sentimento di stima.
A omaggiare di un ultimo saluto Andreotti tanti politici, uomini di Chiesa e amici del senatore romano. I primi ad arrivare lunedì sono stati Vincenzo Scotti, ex ministro e sottosegretario democristiano, amico da sempre di Andreotti, e Giulia Bongiorno, storico avvocato del senatore a vita. Poi tanti altri: da Fabrizio Cicchitto e Francesco Rutelli, da Gianfranco Fini a Nicola Mancino, e poi Gianni Letta, il sindaco di Roma Gianni Alemmano, Paolo Cirino Pomicino, Pier Ferdinando Casini.
Alle 11 di martedì è arrivato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Accompagnato fino al portone del palazzo da Gianni Letta, col quale si è intrattenuto per qualche minuto sotto gli occhi delle telecamere. Una volta uscito dal palazzo, Napolitano è andato via senza rilasciare dichiarazioni.
“Scoperto” da Alcide De Gasperi mentre, 19enne presidente della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) consultava libri sulla navigazione pontificia nella Biblioteca Vaticana, Andreotti è poi divenuto nel tempo politico abile e raffinato, dispensatore di aforismi brillanti. Il più citato è probabilmente il famoso “il potere logora chi non ce l’ha”. Lui, che il potere l’ha avuto per decenni – anche con qualche ombra – è arrivato fino alla bella età di 94 anni. E ha finito per confermare la sua tesi.
Federico Thoman