Si vedono delle crepe nel governo di Giorgia Meloni. Lega e Forza Italia non sono d’accordo per quanto riguarda le tempistiche sull’attuazione dell’autonomia differenziata: per i primi è da attuare subito, mentre dalla riunione di Arcore tra Silvio Berlusconi e i vertici di Forza Italia trapela cautela per paura di perdere i voti del meridione. Il dibattito dall’autonomia nel centrodestra va avanti da più di vent’anni ormai e adesso si ripropone anche nel primo esecutivo guidato da una donna.

La destra si divide – «Valutiamo con prudenza la proposta di autonomia differenziata che non deve in alcun modo penalizzare le regioni del Sud». Sono queste le parole che escono dall’incontro di Arcore. Una frase che è una risposta, neanche troppo implicita, alle affermazioni del presidente della regione Veneto Luca Zaia: «Il progetto di autonomia nasce in veneto, con me. So bene di cosa parlo. E se fossi un governatore del sud sarei il primo a chiederla». Il Mezzogiorno è il punto focale sul quale si concentra la battaglia tra i due partiti.

Bacino di voti – Il Meridione è storicamente la roccaforte dei forzisti. La percentuale di voti in quelle regioni è sempre superiore alla media nazionale. Se quest’anno FI ha preso poco più dell’8%, al Sud naviga ben oltre l’11%, con un picco del 15% in Calabria e l’elezione del presidente della regione Sicilia Renato Schifani. Quest’ultimo è critico della proposta di “un’Italia a due velocità”.
Da quando è stato fondato, il partito di Silvio Berlusconi guarda al Sud Italia come raccoglitore di consensi e la proposta sull’autonomia, avanzata dal ministro leghista Roberto Calderoli, non piace al Cavaliere.

Quale autonomia? – Dal 2001, con la riforma costituzionale del “Titolo V” voluta dal centrosinistra, ogni regione può richiedere un ampliamento della propria area di competenza. Nella bozza di legge presentata da Calderoli si vuole definire l’iter per il trasferimento di 23 materie, dai Trasporti alla Sanità, dalla Stato alle Regioni: «Ho fatto un cronoprogramma di un anno, sto sentendo tutti i governatori per capire quelle funzioni possono gestire rispetto allo Stato, attendo dalla Conferenza delle Regioni una proposta e mi impegno a rispettare le condizioni poste dalle regioni». Ogni richiesta deve essere discussa insieme al Governo e votata dalla maggioranza delle due Camere. Per esempio, se il disegno di legge dovesse andare in porto, la Toscana potrebbe ottenere in tempi rapidi l’autorizzazione a gestire in autonomia i propri beni culturali come richiesto lo scorso novembre dal presidente Giani.

Lo scontro sui Lep – I livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che devono costituire il minimo garantito in tutto il territorio, sono il grande argomento di scontro tra nord e sud, quindi tra Lega e Forza Italia. La legge presentata da Calderoli prevede che, entro un anno dall’entrata in vigore, il Governo debba definire i livelli dei Lep. Invece, il partito di Berlusconi vuole che prima si definiscano i livelli minimi garantiti, affiancando a questi anche una riforma della Costituzione in senso presidenzialistico, e poi si pensi all’autonomia differenziata.

L’idea delle opposizioni – Non solo a destra si discute di autonomia. Il candidato segretario del PD Stefano Bonaccini, durante il suo tour elettorale al sud, la pensa quasi come Forza Italia: prima bisogna stabilire i Lep e, solamente dopo, si potrà parlare di regionalismo, ma senza coinvolgere “materie divisive” come la sanità e l’istruzione. Il presidente dell’Emilia Romagna però ribadisce che lui è a favore dell’autonomia dei poteri locali, che è una «battaglia storica della sinistra». Più simile alla posizione leghista la candidata per il terzo Polo in Lombardia Letizia Moratti: «La Lombardia e anche le altre Regioni hanno bisogno dell’autonomia che significa valorizzare le differenze, senza penalizzare nessuno».

La lunga storia fallita del federalismo – Non è la prima volta che il centrodestra propone maggiori poteri alle Regioni. Fin dal primo Governo Berlusconi, che Bossi fece cadere proprio su questo tema. Nel 2005, il terzo esecutivo guidato da Berlusconi propose nella riforma costituzionale la “Devolution”, ovvero il passaggio sotto competenza regionale di molte materie importanti come la Sanità e l’Istruzione. Fu il voto popolare però a bocciare la proposta, con il 61% delle schede contrarie. La Lega puntò allora al federalismo solamente fiscale, ma la caduta dell’ultimo governo del Cavaliere nel 2011 fece arenare anche questo progetto. Per ultimo, nel 2017 due referendum in Lombardia e Veneto avevano chiesto di applicare l’autonomia prevista dall’articolo V.