Giuseppe Giglia/Ansa

Prorogata di un anno, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, la messa a gara delle concessioni balneari e 5 mesi in più, fino a luglio di quest’anno, per la mappatura delle spiagge. È stato raggiunto mercoledì 8 febbraio l’accordo tra il governo e la maggioranza che lo sostiene sugli emendamenti al decreto Milleproroghe, in discussione in commissione al Senato. Lo slittamento del termine dovrebbe servire «per dare più certezze al futuro di imprese e famiglie», hanno ricordato la capogruppo di Forza Italia a palazzo Madama Licia Ronzulli, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) e il relatore azzurro Dario Damiani. La decisione ha sollevato critiche dall’opposizione che teme, invece, «un alto rischio di procedura d’infrazione europea», come ha sottolineato il verde Angelo Bonelli.

La direttiva Bolkestein- In Italia le spiagge sono beni demaniali, cioè sono di proprietà dello Stato e non possono essere venduti o ceduti ai privati. Tuttavia, il demanio può consentire l’utilizzo di tali beni tramite concessione, un provvedimento amministrativo che permette al privato, dopo aver vinto una gara, di disporre del bene per un certo periodo di tempo a fronte del pagamento di un canone. La procedura è simile a un contratto di affitto. Nella pratica però l’Italia non mette a gara le concessioni balneari ma le proroga in modo automatico e generalizzato.
Nel 2006 l’Unione Europea ha emanato la direttiva Bolkestein per evitare disparità di trattamento. Il provvedimento obbliga gli Stati europei a fare in modo che le imprese e i professionisti possano accedere al mercato comune in modo paritario. il nostro Paese ha recepito la direttiva nel 2010 ma in modo parziale: le concessioni balneari, infatti, hanno continuato a non essere messe a gara. Nel 2016 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza ha condannato l’inadempimento e nel 2020 la Commissione Europea ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia con una “lettera di messa in mora”, cioè il primo invito a modificare la norma nazionale che contrasta con la direttiva.
Ad agosto 2022 è stato approvato in via definitiva dal Senato il diseggno di legge “Concorrenza” che prevedeva la proroga fino al 31 dicembre 2023 delle concessioni balneari, rispettando le precedenti sentenze del Consiglio di Stato. I nuovi emendamenti del governo Meloni fanno slittare però nuovamente il termine di un anno, al 31 dicembre 2024. Bruxelles, intanto, tiene sotto osservazione l’Italia che potrebbe andare incontro a sanzioni per non essersi ancora allineata al provvedimento comunitario.

I dati- Secondo gli ultimi dati della Corte dei Conti, nel 2020 lo Stato ha incassato 92 milioni e 566mila euro per 12.166 concessioni “ad uso turistico”. Secondo i dati pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture, aggiornati a maggio 2021, il prezzo medio del canone annuo pagato dagli stabilimenti balneari intorno a Melendugno, località marina del Salento, è di 1.344,99 euro. L’ombrellone stagionale è di 3.000 euro circa. Dal caso preso in esame si possono comprendere le righe che la Corte dei Conti ha redatto nel suo report: «I canoni attualmente imposti non risultano, in genere, proporzionati ai fatturati conseguiti dai concessionari attraverso l’utilizzo dei beni demaniali dati in concessione, con la conseguenza che gli stessi beni non appaiono, allo stato attuale, adeguatamente valorizzati». Gli stabilimenti balneari, quindi, pagano poco il canone in proporzione ai guadagni che ricavano dalla concessione del bene demaniale.