Un effetto domino che potrebbe rovesciare la giunta comunale. Lunedì 26 febbraio la città di Bari è stata scenario dell’arresto di 130 persone legate ai clan mafiosi. A seguito dell’accaduto è arrivata la decisione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di avviare una commissione d’accesso per accertare l’eventuale presenza di infiltrazioni mafiose nella giunta, guidata dal sindaco Antonio Decaro, ritenuto dalla stessa procura in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. 

L’inchiesta – Tra le micce che hanno provocato “l’incendio” c’è il nome della consigliera Maria Carmen Lorusso, ora ai domiciliari, eletta con il centrodestra, e poi passata al centrosinistra, tra le file di De Caro. Per il marito, l’avvocato Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale, è stato disposto il carcere. In base a quanto emerso dalle intercettazioni, Olivieri sarebbe stato il motore di accordi con i clan mafiosi Parisi, Montani e Strisciuglio per far eleggere la moglie grazie alla compravendita di voti. Entrambi i coniugi, per ora, non hanno risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma si sono detti pronti a chiarire la propria posizione una volta lette le carte. Per favorire l’elezione della consigliera, si sarebbe mosso anche il padre, l’oncologo Vito Lorusso, già indagato per concussione e peculato, e arrestato in questa inchiesta. Le infiltrazioni avrebbero raggiunto anche la municipalizzata del trasporto urbano barese Amtab e Maldarizzi automotive spa, società sulle quali i clan avrebbero esercitato la propria forza ottenendo posti di lavoro.La storia di Lorusso ricorda quella di un’altra consigliera comunale di Bari, Francesca Ferri, arrestata nel 2022 e ora a processo con il suo compagno Filippo Dentamaro e l’ex consigliere regionale Nicola Canonico per presunto voto di scambio.

Le reazioni – La stessa Procura, guidata da Roberto Rossi, è d’accordo nel considerare il sindaco Decaro una figura in prima linea contro i clan. Non a caso, il primo cittadino vive sotto scorta dal 2016, a seguito di minacce da parte della criminalità organizzata. La reazione di Decaro non si è fatta attendere. «Se c’è anche un solo sospetto di infiltrazione della criminalità nel Comune di Bari io rinuncio alla scorta», ha detto. E sui social ha parlato di «un atto di guerra contro la città». Dal canto suo, Piantedosi intervistato dal Tg1 ha precisato: «Io capisco l’amarezza del sindaco di Bari. Il nostro governo da quando si è insediato ha già sciolto 15 Comuni in prevalenza di centrodestra. Questo governo ha dichiarato guerra alle mafie non certo agli amministratori locali». Mentre la posizione della sinistra è riassumibile con le parole della segretaria del Pd Elly Schlein: «Quella del Viminale è una scelta che sembra molto politica». Non ha tardato nemmeno il sostegno dei sindaci del Pd come Roberto Gualtieri a Roma a Matteo Lepore a Bologna, schierati accanto al collega pugliese. A Bari i sostenitori del sindaco sono pronti a scendere in piazza sabato 23 marzo. Da vent’anni la città è roccaforte della sinistra in una regione come la Puglia da cui arrivano molti esponenti della maggioranza di centrodestra: è stato due volte governatore proprio Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia, oggi ministro per gli Affari Europei.

Le prospettive – Le reazioni politiche sono nate anche dalle imminenti elezioni amministrative previste per giugno 2024. Dal Viminale dipendono infatti le sorti del capoluogo: la commissione ha tre mesi di tempo, rinnovabili per altri tre, per relazionare a Piantedosi. Sarà lui, in seguito, a valutare lo scioglimento dell’amministrazione e a proporlo al Consiglio dei ministri. In teoria, tutto questo potrebbe accadere prima delle elezioni. Tuttavia, per giungere alla decisione definitiva di scioglimento bisognerà tenere conto del parere del prefetto antimafia, Roberto Rossi. Proprio lui si è già espresso più volte a favore di De Caro, precisando che l’amministrazione di quest’ultimo è stata da sempre attiva nel combattere le mafie. Ma la casistica in materia è complessa. Un’altra eventualità è che sia il governo a rigettare la proposta di scioglimento. Resta il fatto che se venisse imposta l’amministrazione straordinaria le elezioni sarebbero sospese, ma anche se non arrivasse la decisione prima delle urne, il centrosinistra potrebbe essere svantaggiato dall’inchiesta in corso.