Carlo Nordio in commissione Giustizia (Fonte: Ansa/Giuseppe Lami)

Secondo Carlo Nordio, la legge Severino dovrebbe essere modificata per permettere ai condannati in primo grado di candidarsi alle elezioni. Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro della Giustizia motiva la propria idea affermando che la legge entrerebbe in contrasto con la presunzione di innocenza.

Il garantismo di Nordio – L’intervista a Nordio parte dal caso Qatargate, lo scandalo di corruzione in seno al Parlamento europeo: parlando dell’inchiesta il ministro ha precisato di essere un «autentico garantista» e di attendere quindi la fine delle indagini sulla vicenda di Bruxelles. Proprio in virtù di questo garantismo, ha proposto di rimandare l’incandidabilità dopo il primo grado di giudizio: quindi, di rivedere la legge Severino. «Altrimenti la norma confligge con la presunzione di innocenza. L’incandidabilità dovrebbe scattare dalla sentenza di appello in poi», ha dichiarato il Guardasigilli.

La posizione dell’Anci – Nordio risponde così alle sollecitazioni che arrivano dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), che in occasione della tragedia di Casamicciola ha ribadito la propria preoccupazione su come la legge è formulata e sui rischi per i sindaci di non essere garantiti in tema di presunzione di innocenza. La posizione dell’associazione è stata portata avanti da tempo. Già all’inizio dell’anno, il presidente Antonio Decaro aveva detto: «I sindaci italiani si sono espressi sulla necessità di superare la legge Severino, che prevede una sospensione di diciotto mesi dal mandato amministrativo, seppur in assenza di una condanna definitiva, anche per reati minori e soprattutto per un reato dal profilo incerto come l’abuso d’ufficio». Una richiesta quindi, di tutelare l’esercizio d’ufficio dei sindaci almeno fino a un’eventuale condanna definitiva. Decaro aveva anche incontrato il ministro Nordio: «Mi fa piacere che il ministro e il viceministro, che sono un magistrato e un avvocato penalista, condividono i timori dei sindaci». Infatti, lo stesso viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto era intervenuto all’assemblea dell’Anci ribadendo la necessità di rivedere la norma.

 

L’altra critica di Nordio – Il ministro della Giustizia critica la norma anche da un altro punto di vista: «manca di tassatività e specificità, facendo sì che tutti possano essere indagati ma quasi nessuno condannato». A detta di Nordio, la legge varata nel 2012 non sarebbe formulata in maniera abbastanza chiara e questo renderebbe più difficilmente perseguibili i colpevoli di traffico di influenze e abuso di ufficio.

Tentativi di abolizione – La premier Giorgia Meloni si era espressa all’assemblea dell’Anci del 24 novembre sulla norma in questione. «È arrivato il momento di affrontare il tema della responsabilità degli amministratori locali», ha detto la presidente del Consiglio. «Il perimetro della legge è così elastico da prestarsi a interpretazioni troppo discrezionali».
La compattezza del governo per combattere la cosiddetta “paura della firma”, cioè quella che colpisce i sindaci nel momento in cui devono firmare delle carte temendo poi di finire tra gli indagati, affonda le proprie radici nelle posizioni di Fratelli d’Italia, che a marzo di quest’anno aveva proposto di ridiscutere la legge Severino in Parlamento.