Abolire il canone Rai, le tasse universitarie, la riforma Fornero, l’obbligo dei vaccini o addirittura centinaia di leggi. La strada verso le elezioni politiche del prossimo 4 marzo è lastricata di propositi di abolizione. Leader di ogni schieramento promettono di eliminare il balzello, a loro giudizio, più indigesto agli italiani non appena terminato lo spoglio elettorale. E dai diversi lati della barricata ognuno taccia l’altro di “trovata elettorale” volta solo alla raccolta di un maggior numero di voti. Secondo quanto calcolato da il Sole 24 Ore, se tutte queste promesse di inizio campagna venissero mantenute una volta entrati in carica i nuovi Governo, Parlamento e Senato, si andrebbe incontro a una spesa da 270 miliardi di euro.

La riforma Fornero e i vaccini – L’abolizione della riforma pensionistica varata a fine 2011 dall’allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del governo Monti, Elsa Fornero, è sempre stato uno dei maggiori cavalli di battaglia del leader della Lega, Matteo Salvini. Ospite su Radio Capital nella puntata di Circo Massimo dell’11 gennaio, il segretario del partito di via Bellerio ha dichiarato: «Dopo 41 anni di lavoro hai maturato il sacrosanto diritto di riavere i tuoi soldi. A chi dice non ci sono le coperture, rispondo che sono soldi dagli italiani. Quegli ipotetici 20 miliardi di costo, significano consumi, acquisti, spese e tasse che i pensionati mettono in circolo. La legge Fornero è sbagliata e va cancellata, assolutamente». I venti miliardi a cui Salvini fa riferimento sono la cifra che si stima la legge Fornero farà risparmiare annualmente con una proiezione di 200 miliardi nei prossimi dieci anni e di circa 353 miliardi di euro (pari al 21% del Pil italiano) fino al 2060. Ma per dare un’idea di quanti possano essere venti miliardi di euro, basti pensare – come sottolinea l’Agi – che «l’ultima legge di Bilancio prevedeva, nelle intenzioni iniziali del governo, investimenti pari a 20,4 miliardi per il 2018. Cancellare la legge Fornero equivarrebbe quindi a non fare investimenti nell’arco dell’anno». Salvo trovare altre coperture. Un’altra proposta di abolizione avanzata da Matteo Salvini, e che ha creato un po’ di scompiglio nella coalizione di centrodestra, è quella riguardante l’obbligo dei vaccini. Il 7 giugno scorso veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale (entrando in vigore il giorno dopo), il decreto Lorenzin che «al fine di assicurare la tutela della salute pubblica (…) e di copertura vaccinale» rendeva obbligatorie e gratuite le vaccinazioni per i minori fino ai sedici anni. Ed è a Twitter che il leader della Lega affida la sua opinione: «Da papà che ha vaccinato i suoi figli e che ben conosce le utilità, ma anche i rischi, legati a questa scelta, consiglio (in particolare a chi parla senza sapere) la lettura di questo testo, scientifico e documentato, del prof. Paolo Bellavite: “ sì, obblighi no”», di fatto ribadendo l’intenzione, già espressa, di abolire le norme della legge Lorenzin. Critiche dagli alleati: «Sono favorevole alla obbligatorietà dei vaccini. Non penso proprio che l’abolizione dell’obbligo entri nel programma del centrodestra», ha detto il capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani.

La burocrazia – Come ribadito dalla senatrice pentastellata Paola Taverna, anche per il Movimento 5 stelle la linea da seguire in tema di vaccini sarebbe affine a quella di Salvini: «Siamo favorevoli ai vaccini ma contrari al decreto Lorenzin, che impone l’obbligo in luogo della raccomandazione». Ma non è su questa abolizione che i pentastellati puntano la loro campagna elettorale. Il candidato alla presidenza del Consiglio per il movimento fondato da Beppe Grillo, Luigi Di Maio, ha individuato nella burocrazia l’elemento da abolire per primo. «Dopo 5 anni dal mio ingresso in Parlamento ho capito che abbiamo bisogno non di aggiungere ma di togliere le leggi per aiutare le famiglie», ha detto Di Maio nell’incontro con gli imprenditori a Milano per la presentazione di Dario Violi, in corsa per i 5 Stelle alla Regione Lombardia. Addio a spesometro, redditometro e studi di settore. Il candidato grillino ha poi lanciato la nuova piattaforma della galassia Rousseau: www.leggidaabolire.it. Come si legge dal sito, «nasce da un’idea di Luigi Di Maio che negli ultimi anni ha incontrato migliaia di imprenditori e cittadini dai quali si è sentito rivolgere un invito corale: smettetela di affogarci con continue leggi che ci obbligano ad assolvere adempimenti inutili che ci portano via un sacco di tempo e risorse». Sul sito si ha la possibilità di compilare un form per suggerire in prima persona quale legge abolire. L’obiettivo sarebbe dunque di «abrogarne il più possibile e riorganizzare le rimanenti in codici organici per materia». Come ha promesso lo stesso Di Mario: «Abolire 400 leggi già nei primi giorni di governo».

Canone Rai – Appuntamento fisso di ogni tornata elettorale, il dibattito politico sul canone Rai vede quest’anno lo stesso protagonista del 2016: il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. Nella legge di Stabilità 2016, varata dal Governo che lui stesso presiedeva, il canone tv venne addebitato nella bolletta dell’energia elettrica dell’abitazione di residenza, così da ridurne drasticamente l’evasione. L’importo dovuto diminuì, scendendo sotto quota 100€. Questa volta la proposta dell’ex presidente del Consiglio è invece di abolirlo del tutto, sostituendolo con un “finanziamento dello Stato”. Dure le critiche da numerosi fronti. Michele Santoro l’ha definita una «proposta populista che ricorda alla Rai chi comanda», mentre il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda in un tweet ha scritto: «I soldi dello Stato sono i soldi dei cittadini e dunque sarebbe solo una partita (presa) di (in) giro».

 

 

Le tasse universitarie – Si rivolge ai giovani invece la proposta di Pietro Grasso, presidente del Senato e leader del neonato partito Liberi e uguali, che ha avanzato la proposta di abolire le tasse universitarie «per dare a tutti la possibilità di studiare». Premettendo che il costo di questa manovra supererebbe il miliardo e mezzo di euro, il ministro Calenda l’ha addirittura definita «una proposta trumpiana». Sono già numerose le agevolazioni riservate agli studenti con un ISEEU inferiore a 15mila euro o a soglie simili: agevolazioni che in casi particolari arrivano all’esonero totale. Eliminare totalmente le tasse universitarie non sarebbe progressivo e andrebbe quindi ad avvantaggiare chi le paga per intero, ovvero quegli studenti che provengono da famiglie economicamente benestanti. Anche se, come dichiara Giuseppe De Luca, prorettore alla didattica dell’università Statale di Milano al Sole 24 Ore, in riferimento all’esonero previsto dalla legge di Stabilità del 2017 (lo “Student act”): «Registriamo una crescita del 5 per cento delle matricole, ed è prevedibile che l’esonero dalle tasse possa attrarre anche giovani che dopo il diploma non si sono iscritti subito». Nell’anno 2017/18 già un iscritto su tre delle università italiane rientra di diritto nell’esonero totale per requisiti di reddito e di merito.

 L’ironia sui social – Ognuna di queste promesse elettorali ha l’aria di essere bella e impossibile, tanto che non è passato molto tempo prima che sui social network si scatenasse l’ironia degli utenti, colpiti dalla smania di abolizione dei concorrenti alle urne. È per questo che su Twitter sono in centinaia a proporre lanciare idee sotto l’egida dell’hashtag #AbolisciQualcosa. C’è chi vuole abolire la pizza con l’ananas, chi la legge di gravità per pesare di meno, chi “le catene di S. Antonio. Se sei d’accordo manda questo tweet a 12 amici”. Ecco i più divertenti.