La maggioranza c’è. Ma il Pd ne è fuori. E’ questo lo scenario inedito che ieri, martedì 5 aprile, si è creato in Senato, dove – a voto segreto – Salvatore Torrisi di Ap, Alternativa popolare, è stato eletto Presidente alla commissione Affari Costituzionali. Non una commissione qualunque, ma quella che ha in mano la legge elettorale. E che dovrà decidere quale modello di legge elettorale presentare al Parlamento. Secondo gli accordi di governo doveva essere eletto il dem Pagliari, che però ha perso per 16 voti a 11.
Le reazioni – «Tradito un patto di maggioranza: ora, la legge elettorale è a rischio» sbotta il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. «Abbiamo superato il limite, il voto segreto è sempre più spesso utilizzato per manovre politiche volgari e ipocrite», lo segue il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda. Ma gli accusati non ci stanno, e respingono le accuse al mittente: «Alternativa popolare come sempre è stata leale agli accordi di Governo cui abbiamo sempre corrisposto», ha dichiarato Alfano. Mentre gli scissionisti di Mdp, principali sospettati dai democratici, invitano il Pd a guardare nel proprio giardino: «I franchi tiratori – ha dichiarato Roberto Speranza – potrebbero essere stati proprio i renziani».
Le conseguenze – E’ proprio l’ex premier a sferrare l’affondo: «La legge elettorale ce la scordiamo, ma come pensa di andare avanti Gentiloni?». Nel frattempo, i suoi avevano chiesto ed ottenuto che Alfano prendesse posizione, spingendo Torrisi a dimettersi dall’incarico. In seguito, il Presidente del Pd Matteo Orfini è stato a colloquio con il premier Gentiloni per «confrontarsi sulla maggioranza di governo e fare una valutazione sulla situazione politica e sui fatti politici». I dem hanno anche chiesto un incontro con Mattarella che il Presidente, per il momento, non sembra intenzionato a concedere.
Il giorno dopo – «E’ la classica tempesta in un bicchier d’acqua», ha commentato il Presidente del Senato Grasso. Ma le polemiche, anche il giorno dopo, sembrano difficili da spegnere. Il segretario Pd di Milano Bussolati, però, ci prova: «Ciò che è successo è un elemento pericoloso. Ma è un incidente di percorso che spero si risolva: se si dimettesse Torrisi la situazione sarebbe quasi già ripristinata». Anche sulla legge elettorale Bussolati cerca di gettare acqua sul fuoco: «Non sono questi i problemi degli italiani e non
credo ci sia bisogno di drammatizzare eccessivamente. Franchi tiratori nel Pd? Un’ipotesi fantasiosa, i colpevoli sono da cercare altrove».
Opposizione o governo? – Matteo Renzi, però, non sembra sulla stessa lunghezza d’onda. Alla base dei suoi comportamenti rimane una questione di fondo: sostenere il Governo o presentarsi come opposizione? Fattore determinante: la data delle prossime elezioni. Finché sembrava certo che la legislatura arrivasse a fine mandato, Renzi ha sostenuto con più convinzione Gentiloni. Negli ultimi giorni, però, la lealtà dei suoi è tornata a traballare. Al centro di tutto la questione economica: il governo, tra correzione della manovra e presentazione del Def, il documento di economica e finanza, potrebbe essere costretto a prendere decisioni impopolari. Non a caso, qualche giorno fa, sulla questione privatizzazioni della Cassa Depositi e Prestiti i renziani avevano chiesto una moratoria, bollando le idee di Padoan “da tecnico”.
Un giochino che, secondo La Repubblica, sta logorando il rapporto tra Renzi e Gentiloni, ieri apparso – riporta il quotidiano – molto infastidito.