Non è candidato, ma l’ex esponente dei radicali parla di un «noi» quando si riferisce a +Europa di Emma Bonino. La lista, in coalizione con il Partito Democratico, secondo le ultime proiezioni si fermerebbe al 2,5%.

Cappato, finora +Europa in Senato non riuscirebbe a superare la soglia del 3%. Come commenta questo primo dato?
Ovviamente, prima dei dati definitivi, non possiamo dire molto: è chiaro che il risultato elettorale per +Europa dipende innanzitutto dalla soglia del 3%. Sopra sarebbe un successo, sotto no. Se fosse confermato un dato inferiore, naturalmente, non sarebbe un buon risultato per noi. Ma più in generale, il dato che sembra venir fuori è una debolezza del Partito Democratico, che riduce di molto la possibilità di un accordo di larghe intese fra Renzi e Berlusconi.

E il risultato del Movimento 5 Stelle?
Il loro successo, in realtà, non fa che confermare ciò che si sapeva alla vigilia, cioè che gli schemi per una maggioranza di governo sono ancora del tutto incerti e da trovare.

I risultati, comunque, sembrerebbero essere andati ben al di là di quanto ci si aspettasse. Per il M5s il superamento della soglia del 30% ha un peso. Che cosa non ha funzionato della coalizione del centro-sinistra? Che cosa non ha convinto?
Evidentemente l’esigenza di voltare pagina, di uscire dallo schema che ha determinato il governo di questi anni ha prevalso. Ma è una considerazione anche fin troppo banale questa. Una generale insofferenza rispetto a chi ha assunto responsabilità di Governo in questi anni ha dominato le elezioni. Ma tornando a +Europa con Emma Bonino, anche se si dovesse essere fuori dal Parlamento credo che la lista abbia centrato il tema della campagna elettorale sul quale si potrà fare o non fare un governo.

Ovvero?
O un esecutivo che freni rispetto all’integrazione europea oppure un esecutivo che vada in quella direzione. Se venissero confermati i dati usciti finora si rafforzerebbe un’ipotesi di un governo dalla direzione più nazionalista. E, a maggior ragione, per noi, per +Europa, si affermerà l’urgenza invece di cercare in Italia, ma anche in Europa, la creazione di un soggetto politico che faccia dell’integralismo europeo la propria priorità.

Che idea si è fatto dell’avanzamento delle destre nelle ultime settimane di campagna elettorale?
Si tratta di una destra che ha dentro tutto e il contrario di tutto. Sicuramente, però, l’egemonia e la leadership era di Salvini prima ancora di vedere i risultati.

In che senso?
Nella sua posizione più nettamente e duramente anti-europea, sui temi dell’immigrazioni, Salvini ha dettato la linea. Berlusconi un po’ ha inseguito e un po’ ha differenziato ma, alla fine, è stato percepito come una proposta più sbiadita e più contraddittoria, oltre che più sbiadita rispetto a quella del leader della Lega. Quindi non solo per una ragione numerica se questa verrà confermata, ma soprattutto per una ragione politica, la leadership dei contenuti e l’egemonia culturale a destra la sta facendo Salvini. Se si deve e se si può costruire una destra liberale questo è tutto un lavoro da ricominciare da capo. Senza Berlusconi.

Se +Europa dovesse rimanere fuori dal Parlamento significherebbe che gli italiani non risulterebbero così interessati all’Europa e ai diritti civili, secondo lei?
Per fortuna le cose non stanno così. Ce lo dicono i sondaggi su tutti i temi legati ai diritti civili. È più difficile trasformare un tema trasversale, di opinione, che non è contro nessuno, come la difesa dell’Unione europea e dei diritti civili, in voti. Perché non c’è un nemico da abbattere, non c’è una barriera da alzare contro nessuno. Ma l’eutanasia, i diritti civili, la stessa necessità di un collegamento internazionale europeo vanno molto oltre il risultato elettorale di +Europa. È una lista che ha cercato di alzare una bandiera e un grido di allarme rispetto ai pericoli dell’abbandono di una strategia europeista. Se dovessimo essere fuori dal Parlamento abbiamo dimostrato in tante materie, a partire dal testamento biologico, che si può fare iniziativa politica anche da fuori. Non c’è certo da rassegnarsi o da darsi per sconfitti.