«Facciamo il massimo per evitare che si consolidi un conflitto ‘per procura’, con attori esterni che invece di contribuire al dialogo e a una soluzione politica, finiscano per alimentare il conflitto armato». Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte commenta così l’esito della giornata politica che doveva sfociare in un vertice bilaterale con i rivali libici Al Serraj e Khalifa Haftar. Giornata che si è poi trasformata in una gaffe per il governo italiano, quando Serraj ha saputo della precedenza data ad Haftar e ha deciso di disertare l’incontro. Anche il ministro degli Esteri Giuseppe Di Maio si è affrettato a difendere la bontà dell’operato dell’esecutivo da Algeri, dove si trova in missione proprio per discutere del dossier libico. Dall’opposizione Matteo Salvini non ha perso occasione per dare risalto alla brutta figura del governo, che sulla Libia non riesce ad assumere un ruolo di rilievo.
Conte lavora al dialogo – Nell’intervista al direttore del Foglio Claudio Cerasa, Conte ribadisce la coerenza della posizione italiana nel perseguimento del benessere del popolo libico: «Per giungere a questo risultato abbiamo appoggiato, in linea con l’Onu, il governo di accordo nazionale presieduto da Serraj. Ciononostante abbiamo sempre mantenuto un approccio inclusivo». Senza pronunciarsi sul flop del giorno prima, ha affermato: «lavoriamo per trovare soluzioni politiche e cerchiamo, per quanto possibile, di fare il massimo per evitare che si consolidi un conflitto ‘per procura’, con attori esterni che invece di contribuire al dialogo e a una soluzione politica, finiscano per alimentare il conflitto armato». E ha definito «incoraggiante» il cessate il fuoco negoziato a Istanbul tra Erdogan e Putin, concludendo che la conferenza di Berlino va sostenuta per raggiungere «un accordo tra le parti che offra una prospettiva politica».
«Giocare di squadra» – Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, impegnato in missione tra Bruxelles, Istanbul, Il Cairo e Algeri, fa eco a Conte. Dalle pagine di Repubblica ha pubblicato una lettera per difendere l’operato del governo. Concorda sul fatto che l’Italia sia intervenuta in ritardo e che i tempi siano stretti, ma è «convinto che l’Italia, dopo qualche silenzio di troppo, oggi abbia ancora molto da dire. Deve solo ritrovare fiducia in se stessa, abbandonare i colori delle proprie bandierine politiche e giocare da squadra. Solo a quel punto riusciremo a misurare realmente il nostro valore nel mondo». Questo valore dovrebbe materializzarsi in un’azione diplomatica, specificata così: «Non ci sono parti in causa per cui tifare. Sussistono bensì alleanze, come quella Atlantica, che contribuiscono a tracciare la strada da seguire. E sussiste la volontà di porsi come mediatori e facilitatori di un dialogo che, soprattutto in Libia, non deve e non può restare ancorato al palo. La Libia è per il nostro Paese un tema di sicurezza nazionale». Tema che deve essere ricondotto sotto l’azione congiunta di Bruxelles, limitando le «interferenze dei singoli Stati per poi lavorare insieme a un embargo totale via terra, via mare e via aerea che porti la Libia quanto meno verso una tregua».
Bordate da Salvini – Il leader della Lega Matteo Salvini ha attaccato il premier Conte, insistendo sul fallimento dell’incontro tra Haftar e Serraj. «Il Presidente del Consiglio per portare pace in Libia prima parla con quello che bombarda e poi viene ignorato da chi viene bombardato. È l’Abc, nemmeno un bimbo dell’asilo farebbe un errore del genere». Salvini ha chiesto che si torni di nuovo al voto sottolineando l’inadeguatezza dell’azione di governo: «Sarà complicato ricostruire i rapporti dopo averli rovinati: prima si vota e meglio è. La Libia è fondamentale perché è casa nostra. È importante per Eni, per l’energia, per le aziende italiane e per l’immigrazione. Se anche in Libia arrivano i turchi che controllano le frontiere a oriente e si beccano 6 miliardi, va a finire che le controllano anche a sud per chiederne magari altri 6. E noi siamo ostaggi. Mi sembra una follia». Dalle fila del governo gli risponde, in un’intervista alla Stampa, il ministro degli Affari europei Enzo Amendola. Facendo fronte comune con i colleghi del governo Amendola ha difeso l’impegno nell’evitare interferenze per evitare che il conflitto libico diventi una guerra per procura, aggiungendo: «mi piacerebbe che le forze politiche guardassero con spirito unitario ad un’azione diplomatica: Salvini lasci ad altri campi la polemica quotidiana per una percentuale in più nei sondaggi». Il ministro ha poi appoggiato la posizione della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sulla questione delle ripercussioni dopo l’assassinio di Suleimani in Iraq: «L’Italia deve unirsi ai suoi soldati e alle sue missioni di pace e stabilizzazione nel mondo».
Cessate il fuoco da domenica – Il governo italiano plaude dunque al cessate il fuoco, che entrerà in vigore dalla mezzanotte di domenica 12 gennaio. Non ci sono però osservazioni specifiche sul fatto che il risultato sia stato ottenuto dall’intervento di Russia e Turchia, scavalcando le diplomazie europee. Il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna) già ieri aveva plaudito al risultato in una nota: «[Il consiglio] accoglie con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare lo spettro della guerra, in conformità con l’Accordo politico libico e il sostegno alla Conferenza di Berlino patrocinata dalle Nazioni Unite».