Sembrava fosse finita su un binario morto. Invece la legge “salva Sallusti” è tornata al centro del dibattito politico. La mattina del 21 novembre, Filippo Berselli, esponente del Pdl, ha presentato al Senato un nuovo emendamento, subito rinominato “salva direttori”. La sua proposta prevede il carcere solo per i giornalisti accusati di diffamazione e non per il direttori delle testate che verrebbero solo condannati a una pena pecuniaria.

Immediata la reazione del Pd, che ha presentato una richiesta sospensiva per l’approvazione dell’emendamento. “La legge sulla diffamazione – si legge nella richesta del capogruppo del Pd Angela Finocchiaro – è stata scritta da effimere maggioranze, spinte da pulsioni emotive assai poco attente all’equilibrio e al bilanciamento di interessi che dovrebbero invece ispirare un provvedimento di questo tipo”. Con il Pd si è schierata l’Idv: Luigi Li Gotti ha parlato di un “impatto sconvolgente sulla nostra Costituzione”, nel caso venga approvato l’emendamento di Berselli, dal momento che “due concorrenti nello stesso reato vengono puniti con due pene diverse in ragione della loro qualità soggettiva”.

Il capogruppo dell’Udc Giampiero D’Alia, nel dare il suo appoggio alla richiesta del Pd, ha fatto presente che l’emendamento “squilibra quel delicato punto d’intesa che si era trovato e che risiedeva nella necessità di tutelare meglio da una parte la libertà di informazione e, dall’altra, il diffamato ”.

Maria Elena Zanini