Non si placa la tempesta che sta scuotendo il centrodestra, uscito a pezzi dalla settimana quirinalizia. Ad animare il weekend, fino a domenica sera all’insegna della moderazione dei suoi “alleati”, le dichiarazioni di Giorgia Meloni, ospite di Giletti a Non è l’arena, su La7. «Non so se andrò da sola alle elezioni. Di certo io non faccio più buon viso a cattivo gioco se non ho garanzie: riproporrò un patto anti-inciucio per sapere prima chi sta nel mio campo. Sulla base di questo farò le mie valutazioni», dice rispondendo alla domanda del giornalista su un’eventuale campagna elettorale in solitaria in vista del 2023. Intanto, continua il fuoco incrociato di accuse con Matteo Salvini, mentre il Cavaliere e i suoi cercano di presentarsi come il nucleo insostituibile di una nuova coalizione di centro.

Dettare condizioni – Coalizione sulla quale la leader di Fratelli d’Italia è tranchant: alla possibilità tratteggiata dal leader leghista di creare una federazione di centrodestra sulla falsariga del Partito Repubblicano americano risponde con un secco «Non ci riguarda», mettendo in guardia Lega e Forza Italia dalla tentazione di sposare la legge elettorale su base proporzionale. «Sarebbe una vergogna. Io credo che chiunque sia nel nostro campo non possa mai sostenere una legge del genere, perché serve proprio a impedire al centrodestra di vincere», sentenzia la presidente di Fratelli d’Italia, che non manca di sottolineare la sua posizione di forza: «In ogni caso, anche se si facesse, con i numeri che abbiamo oggi sarebbe difficile fare a meno di noi nella prossima legislatura».

Una parola per tutti – Meloni poi si toglie qualche sassolino dalla scarpa, e parla dei rapporti con i compagni di (dis)avventure: «Salvini? Non l’ho più sentito, ma non è la prima volta che scompare. Anche quando ha sostenuto il governo Draghi, io l’ho scoperto dalle agenzie», dice, definendo incomprensibile l’appoggio della Lega alla rielezione di Mattarella, «uno del PD». Quanto a Berlusconi, ribadisce la sua lealtà, nonostante le accuse nemmeno troppo indirette di ingratitudine: «Non abbiamo perso tempo con la sua candidatura, è che all’atto pratico il centrodestra non ci ha creduto più. I voti di FdI ci sono sempre stati», sostiene l’ex ministra del quarto governo del Cavaliere. «Ero convinta della sua candidatura aldilà del fatto che gli dovessi qualcosa. Io sono sempre stata schietta con lui, proprio perché il nostro rapporto di alleanza si basa su rispetto e stima».

Pragmatismo – Forza Italia intanto prova a raffreddare gli animi degli alleati, giocando la carta della moderazione. «Basta liti e paura dei sondaggi», ripete più volte a Skytg24 il numero due azzurro Antonio Tajani. «Se trascorriamo il tempo a litigare, non risolviamo i problemi e gli italiani ci chiedono di essere seri e affidabili», ammonisce nel ruolo di paciere. Il partito del Cavaliere chiede concretezza per un «centrodestra di governo credibile» (imperniato, ovviamente, sull’area moderata di centro) e invita a ristabilire equilibri e priorità. Un’impresa non facile, visto che, dall’altra parte della barricata, Salvini continua a scalpitare. Ospite a Radio 24 nella mattinata di domenica, il leader del Carroccio ritorna sul Quirinale, citando i 70 voti mancanti per Maria Elisabetta Alberti Casellati nella corsa al Colle, imputabili a «qualcuno che è sparito e qualcuno che ha tradito». Il leghista non dimentica e insiste sulla mancanza di uno spirito di squadra nel centrodestra, che ha portato la coalizione a «sciogliersi come neve al sole». Poi apre uno spiraglio, fissando una scadenza: «Sta a noi restituire al centrodestra orgoglio e compattezza. Abbiamo un anno di tempo per dimostrare di che pasta siamo fatti e non lasciare che vinca la sinistra».