Se qualcuno spera ancora che il centrosinistra si ricopatti, magari dopo le urne, ci pensano i diretti interessati a stroncare quotidianamente sul nascere le illusioni. Paolo Gentiloni, in un colloquio con La Stampa, si è lasciato andare a un (raro) bilancio del suo operato, in occasione dei 365 giorni del suo governo. «Lasciamo un’Italia più stabile, il Paese ha superato la sua crisi più grave e non deve disperdere gli sforzi fatti in comune», ha detto il presidente del Consiglio. Che, però, è stato subito freddato dall’ex compagno di partito Pierluigi Bersani: «Gentiloni lascia un Italia più stabile? È opinabile. La stabilità dipende dal tasso di diseguaglianza e qui la forbice s’è allargata», ha replicato ai microfoni di Rai Radio 1, «La crescita italiana è un punto sotto l’Europa, ma dobbiamo vedere come è distribuita. Caro Gentiloni, come mai cresciamo e l’Italia è più irritata?».

Paolo bis? – L’ex segretario del Partito Democratico, oggi leader di Mdp-Articolo 1, ci tiene a precisare: «Contro il premier nulla di personale». Ma intanto vuole rimarcare il giudizio negativo su quanto fatto dall’esecutivo in carica, a partire dal Rosatellum bis: «Come faccio a dimenticare che ha messo tante fiducie sulla legge elettorale?». E, così facendo, Bersani segna una presa di distanza dal numero uno di Palazzo Chigi che allontana, almeno per ora, l’ipotesi che la figura di Gentiloni possa riunire le forze di area dem per una collaborazione da cercare dopo il voto. È noto, infatti, che il presidente del Consiglio piace al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale, dopo le elezioni, potrebbe dare proprio a lui il mandato di formare il nuovo governo, se il Pd si confermasse primo partito. «Gentiloni parteciperà alla campagna elettorale in continuità con quell’understatement voluto e spontaneo che in un anno lo ha portato a partecipare ad un solo talk show», ha detto a La Stampa Ermete Realacci, amico di una vita del premier. Lo stesso basso profilo che gli permetterà di non interferire (troppo) con il segretario dem Matteo Renzi.

Il Professore – Gentiloni ha dalla sua il fatto di essere rimasto in buoni rapporti con la minoranza Pd, Romano Prodi in primis. Che, sempre al quotidiano torinese, ha definito così il capo di Palazzo Chigi: «Paolo il freddo? No, Paolo il calmo». Al contrario, come si sa, tra il Professore e Renzi non scorre buon sangue. Eppure il suo ruolo di mediatore con la sinistra, oggi riunita solo la guida di Pietro Grasso nella neonata formazione Liberi e Uguali, potrebbe tornare utile se toccherà al Partito Democratico il compito di costruire il nuovo esecutivo. In questo senso Gentiloni potrebbe essere una figura in grado di mettere insieme le diverse anime dell’area progressista. Anche perché, come confermato dagli ultimi sondaggi Demos, l’ex ministro degli Esteri piace al 45% degli italiani, mentre il segretario dem è scivolato al 27% (stesso indice di gradimento di Silvio Berlusconi, mentre Luigi Di Maio si piazza al 34% e Grasso al 32%).

La strategia – Quel che è certo è che il il partito guidato da Matteo Orfini giocherà la partita delle elezioni con uno schema a più punte. L’ha confermato al Corriere anche Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera: «Noi siamo una squadra… Non abbiamo un solo leader, ma una leadership plurale con caratteristiche diverse». Il partito del Nazareno, insomma, non vuole appiattirsi su Renzi, che potrebbe portarlo a una sconfitta ancora più probabile di quanto già non sembri. La strategia sembra essere invece quella di presentarsi agli elettori attraverso i diversi volti dem, da Dario Franceschini a Marco Minniti, da Graziano Del Rio a Maurizio Martina.

Elezioni 2023? – Ma i pensieri della sinistra sono già proiettati alla prossima tornata elettorale. Come ha sottolineato il 12 dicembre il quotidiano milanese di via Solferino, il piano di Mdp sarebbe quello di assistere alla disfatta del Pd, attendere che Renzi rassegni le dimissioni da segretario e ritornare, se non sotto le stesse insegne, almeno alleati. «Noi alle elezioni prenderemo quello che prenderemo, non importa, ma il Pd perderà e allora potremo tornare insieme», ha detto ai colleghi di partito Roberto Speranza. E qui, secondo il Corriere, avrebbe spazio per tornare sulla scena Massimo D’Alema, riconquistando da fuori quel partito che non era più riuscito a controllare da dentro. Per tornare ad avere un centrosinistra unito, ma senza Renzi.