Con il quinto quesito del referendum dell’8 e 9 giugno si vota la riduzione dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana. Se adesso il percorso ordinario per la naturalizzazione dura 10 anni, con la vittoria del “sì” i tempi verrebbero dimezzati, avvicinando l’Italia alle politiche di molti paesi dell’Europa occidentale. Ci sono eccezioni, come neI caso di persone sposate con o nate da cittadini europei, cui è riservato un iter diverso e spesso agevolato. Ma una persona senza legami in Italia attualmente si trova davanti una strada in media più lunga e con requisiti più stringenti rispetto agli altri paesi del vecchio continente: sono previsti vincoli per i figli e sono richiesti il conseguimento della certificazione linguistica, il superamento dell’esame di educazione civica e l’assenza di precedenti penali.
Le classifiche – Secondo Eurostat, nel 2023 l’Italia si è classificata seconda per numero di cittadinanze concesse (216mila). Prima in classifica la Spagna (240mila), dove il percorso ordinario prevede 10 anni di residenza legale e continuata. Ci sono tuttavia diverse clausole ampiamente sfruttate: per i rifugiati vengono dimezzati i tempi e per chi proviene da paesi ispanofoni o parzialmente ispanofoni si scende a soli 2 anni. Anche qui è richiesto il superamento di un esame di lingua e storia spagnole. Il primo Paese per cittadinanze concesse in rapporto alla popolazione è il Lussemburgo (8,8 ogni 1.000 abitanti), dove le norme prevedono 5 anni di residenza, la conoscenza della lingua e della cultura e il rispetto di alcuni “requisiti di onorabilità”: il richiedente non deve aver dichiarato il falso e non deve essere stato condannato per reati penali. Questa formula, declinata con diverse sfumature, è quella che va per la maggiore per le naturalizzazioni in Europa e che si applica anche nel Regno Unito.
Il modello più diffuso – L’ultimo Paese europeo ad aver cambiato le regole sulla cittadinanza è la Germania, dove dal 2024 sono richiesti 5 anni di residenza invece di 8 e sono necessari un impiego o un reddito stabile e una buona conoscenza del tedesco, oltre all’assenza di condanne penali di qualsiasi entità. Parametri simili a quelli della vicina Francia, dove si deve sostenere anche un esame di storia francese e dove a bloccare l’iter serve una condanna per terrorismo o una pena di almeno sei mesi di carcere senza la condizionale. In Austria sono necessari sei anni di residenza e bisogna dimostrare di avere avuto un reddito stabile per almeno 36 mesi, ma sono più stretti i requisiti sulla condotta: le persone straniere incriminate e in attesa di un processo non possono ottenere il documento. In Irlanda servono almeno 5 anni di residenza nei 9 precedenti alla richiesta, con almeno un anno continuativo nel periodo immediatamente precedente. Anche nei Paesi Bassi sono 5, ma devono essere tutti continuativi. La Svezia è uno degli Stati con i requisiti meno stringenti: per diventare cittadini servono almeno cinque anni di residenza ma non è richiesto il superamento di esami di lingua o di storia svedesi. Per le persone condannate per reati o illeciti amministrativi i tempi vengono leggermente allungati, mentre esistono percorsi semplificati riservati ai cittadini di Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia.
Eccezioni – Le regole più restrittive sono applicate nei Paesi baltici e in quelli dell’Est Europa, dove le cittadinanze concesse sono meno di una ogni 1.000 abitanti. In Ungheria il dato è di 0.3, in Slovacchia di 0.1: in entrambi gli Stati sono richiesti 8 anni di residenza e ottime conoscenze linguistiche e culturali, oltre al soddisfacimento di diversi criteri economici e giuridici. Ci sono poi Paesi europei le cui regole sulle naturalizzazioni fanno discutere per la facilità con cui aprono a richiedenti facoltosi: è il caso di Malta, dove basta un anno di residenza a patto di aver investito almeno 750mila euro nell’economia locale e dove ci sono percorsi agevolati per chi acquista e abita una casa di valore pari o superiore ai 700mila euro.
Cittadinanza per nascita – In nessun paese europeo la cittadinanza si può ottenere per nascita (ius soli), anche se in Germania, Portogallo, Irlanda e Grecia vige quello temperato, che permette l’acquisizione della cittadinanza ai ragazzi nati sul territorio dello stato se i genitori stranieri vi risiedono. In Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna c’è il cosiddetto doppio ius soli, che si attiva se uno dei due genitori è nato nel paese. In Italia come nel resto dei paesi europei vige lo ius sanguinis, per cui si acquisisce la cittadinanza se uno dei due genitori ne è titolare. Lo ius soli è generalmente applicato in paesi a forte immigrazione come Brasile, Messico, Argentina e Stati Uniti. Se si volesse diventare cittadini a stelle e strisce, per esempio, le alternative sono nascere su suolo americano o seguire il tortuoso processo di naturalizzazione, cioè essere in possesso della residenza permanente legale (Green card), aver vissuto almeno 5 anni negli Stati Uniti (3 se si è sposati con un cittadino statunitense), superare esami di conoscenza della lingua inglese e della civiltà americana e superare dei test attitudinali.