Come in ogni gara che si rispetti, c’è chi molla e chi resiste. Le mosse dei partiti in vista delle elezioni comunali di Roma continuano a incidere sugli equilibri politici nazionali. In particolar modo, sui rapporti Pd-M5S, mantenuti apparentemente saldi dalla linea dei vertici: divisi alla urne, ma non ostili. Sul fronte del centrosinistra, la senatrice Monica Cirinnà ha abbandonato la corsa alle primarie per il candidato sindaco della Capitale, rispettando la richiesta di Enrico Letta: unità sul nome di Roberto Gualtieri. Dall’altra parte della barricata, Guido Bertolaso, scelto dal centrodestra, ha declinato l’invito del leader della Lega. Virginia Raggi, trionfatrice di questa fase politica, mantiene una posizione salda, dopo aver bloccato la discesa in campo di Zingaretti con l’appoggio di Giuseppe Conte.

Il ritiro dell’unica donna – «Oggi si interrompe il mio sogno di correre per la mia città. C’è una sola strada ed è quella dell’unità». Parole di commiato, edulcorate dalla speranza per una vittoria del suo partito. Fino a due giorni fa, Monica Cirinnà era pronta a ufficializzare la sua corsa alle primarie di Roma del 20 giugno. A modificare i piani sembra sia stato il discorso pronunciato da Enrico Letta nella giornata di martedì 11 maggio, durante la direzione dei democratici romani svoltasi via zoom. L’assenza di una candidata donna, che avrebbe dato filo da torcere all’ex ministro dell’economia, ha suscitato non poche polemiche e ha deluso quanti – nella sinistra fuori dal Pd – erano pronti a sostenerla. A partire dal movimento “Liberare Roma”. «Non si possono fare primarie finte, perché indebolirebbero la coalizione», attacca Amedeo Ciaccheri, presidente del municipio di Garbatella. «O si fanno vere e contendibili, oppure meglio indicare Gualtieri come candidato del centrosinistra e non perdere tempo mentre Raggi e Calenda fanno campagna».

Il rifiuto di Bertolaso – «Ringrazio l’onorevole Salvini ma io ho fatto la mia scelta […] Credo che Roma meriti forze giovani, motivate, esperte e appassionate. Per me sarebbe stato un sogno, ma ormai io sono fuori quota per queste avventure. È un no a malincuore, ma che deriva dalla consapevolezza di essere ormai una persona di una certa età che è bene che faccia largo ai giovani». La scelta del medico, attualmente impegnato nella campagna vaccinale lombarda, potrebbe non essere definitiva. O almeno la destra lo spera, dato che è l’unico nome che metterebbe d’accordo Meloni e Salvini. In ogni caso, il dubbio è nutrito da tutto lo schieramento composto da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, che ieri, mercoledì 12 maggio, ha celebrato il primo incontro tra i suoi luogotenenti dopo mesi. «L’era glaciale è finita», così Ignazio La Russa ha sintetizzato l’esito della riunione, in cui è stata ribadita la volontà di correre insieme ovunque «per vincere».

Dividi et impera – «Il Movimento5Stelle su Roma ha un ottimo candidato: si chiama Virginia Raggi, il sindaco uscente. Il Movimento l’appoggia in maniera compatta e convinta, a tutti i livelli». Nell’intervento pubblicato il 9 maggio sulla Stampa , Conte aveva blindato la sindaca uscente. Ma il sostegno dell’ex presidente del Consiglio è condizionato. Sicuramente, dal fatto che l’avversario contro cui battersi si collochi a destra. Conte invita dunque ad abbassare i toni con il Pd, a renderli più sobri con tutto il centrosinistra, perché al ballottaggio si dovrà stare insieme. Un approccio che non convince tutti in casa Pd: «Se voterei il M5S? Istintivamente non ci voglio neanche pensare – ammette il capogruppo in aula Giulio Pelonzi -. È uno scenario che non mi auguro, spero siano loro a doversi porre il dilemma. Mi aspetto che i romani si trovino a scegliere tra Gualtieri e il centrodestra. Io sono tuttora impegnato all’opposizione di un’esperienza che reputo fallimentare, appoggiarla sarebbe un incubo»

Mugugni dem – Tra i democratici romani ha ripreso vigore l’ala composta dagli ex renziani e dal gruppo di Orfini che non credono affatto all’alleanza strategica con i grillini. Lotte intestine dunque, esacerbate dalle accuse nei confronti di Letta che, a detta dei rigoristi, si sarebbe fidato troppo di Conte e Di Maio. «Bisogna liberarsi dall’ossessione dei 5 stelle», attacca l’ex presidente del Pd Orfini. «Noi la Raggi non la voteremo mai», aggiunge Filippo Sensi, ex portavoce di Renzi. A quanto pare, sembra stiano tornando a galla le stesse tensioni che portarono alle dimissioni di Zingaretti a marzo. Già si parla di una resa dei conti se le comunali andranno male. Una storia già sentita, un film visto più volte, almeno nella Capitale.