A una settimana dall’inizio della Fase 2, in Italia l’elemento costante della gestione dell’emergenza coronavirus sembra ancora essere il mancato coordinamento tra Stato e Regioni. Dopo la decisione del governo di riaprire negozi al dettaglio, musei e biblioteche dal 18 maggio, facendo attendere locali, estetisti e parrucchieri fino al primo giugno, le Regioni hanno intensificato il pressing per far ripartire tutto il prima possibile. Calendario anticipato e riaperture ad hoc le richieste dei governatori, che oggi 11 maggio si incontrano – in videoconferenza – con il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia. Sul tavolo proprio lo schema di riaperture differenziate che dovrebbe essere attuato a partire dal 18 maggio. Dal governo, dunque, nessuna riapertura concessa prima della data già stabilita, ma la disponibilità a ragionare in modo specifico da regione a regione. «Tutto sulla base dell’andamento dell’epidemia secondo il monitoraggio avviato dal ministero della Salute», ha spiegato Boccia. Fino ad oggi il tira e molla tra Regioni e Stato ha occupato gran parte delle questioni legate alla nuova fase, tra decisioni autonome di governatori e minacce di riaperture “libera tutti”.

Chi ha già riaperto – Nella corsa alla riapertura la decisione più precoce è stata quella della Calabria. Dal 30 aprile l’ordinanza della governatrice Jole Santelli ha parlato chiaro: «Consentita la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto». Mentre il resto dell’Italia era ancora in totale lockdown, i ristoratori calabresi hanno cominciato a tirare di nuovo fuori sedie e tavolini. Un tentativo durato poco, però. Il governo ha impugnato il provvedimento di Santelli. «Non si può fare», il verdetto dei giudici, «i poteri pubblici operino in coerenza con il principio di precauzione». Ma la Calabria non è da sola. La provincia autonoma di Bolzano ha anticipato l’apertura dei negozi al 9 maggio. Una decisione presa anche per protesta nei confronti del governo che, secondo il presidente Arno Kompatscher, «per settimane non ha ascoltato le richieste per una differenziazione regionale delle misure». L’andamento dell’epidemia in Alto Adige ha portato ad avere un indice di contagio inferiore a 1, valore al di sotto del quale l’infezione può essere contenuta. Un presupposto ritenuto valido per far ripartire l’attività commerciale. Anche in questo caso però il provvedimento è stato impugnato dal governo, «limitatamente alle parti in contrasto con le regole sulla sicurezza sul lavoro», come ha spiegato il ministro Boccia, sottolineando il rispetto per l’autonomia amministrativa della Regione. Ed è sempre in Alto Adige che per oggi, lunedì 11 maggio, è prevista la riapertura di bar e ristoranti, non più soltanto nella modalità di asporto. Stessa decisione anche per la Sardegna, dove negozi di abbigliamento e calzature, gioiellerie e profumerie possono rialzare le saracinesche. Il governatore Christian Solinas ha firmato l’ordinanza, non trovando però accordo univoco da parte dei sindaci di alcune città: Cagliari e Sassari, ad esempio, hanno annunciato che non si adegueranno alle indicazioni. Sulle riaperture di locali e attività commerciali la Sicilia va più cauta, permettendo però ai cittadini da oggi di potersi recare nelle seconde case, come trasferimento per la stagione estiva. Nella maggior parte delle altre regioni, invece, finora spostarsi è consentito solo per lavori di manutenzione e rientro in giornata.

18 maggio “libera tutti” Anche i governatori che non hanno disposto riaperture anticipate, comunque, spingono per la ripartenza. La maggior parte delle Regioni sembra mirare a un “libera tutti” per il 18 maggio. Uniti nell’appello il governatore del Veneto Luca Zaia, Giovanni Toti della Liguria, Massimiliano Fedriga del Friuli, Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna, sempre più insofferenti ai paletti imposti da Roma. La richiesta è quella di poter riaprire bar, ristoranti, parrucchieri ed estetisti, tra le categorie maggiormente messe in ginocchio dal lockdown. La Regione Piemonte, invece, procede con più cautela. Il governatore Alberto Cirio, che aveva sottoscritto la richiesta di anticipare le vendite al dettaglio per la data dell’11 maggio, si dichiara ora più orientato a valutare gli eventuali prossimi passi sulla base della curva dei contagi. E mentre il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha annunciato un decreto legge per anticipare le aperture, anche a Sud c’è chi continua a battere i piedi, annunciando decisioni con o senza linee guida dei piani alti. «Il 18 maggio noi apriamo lo stesso parrucchieri, estetisti e saloni di bellezza. Abbiamo fatto le linee guida regionali che ci paiono più che sufficienti e quindi lo faremo anche senza le direttive dell’Inail», ha detto il governatore della Puglia, Michele Emiliano.

Il compromesso – Nel gioco delle parti, il 18 maggio sembra essere finora l’unico compromesso raggiunto. Con la promessa di una riapertura differenziata dopo quella data, da un lato i governatori sembrano impegnarsi a non forzare ulteriormente la mano con la richiesta di altre date anticipate e dall’altro il governo sembra concedere in anticipo l’apertura a chi avrebbe dovuto riprendere solo a giugno. Intanto la Regione Lazio ha annunciato per oggi l’insediamento al ministero della Salute di un comitato scientifico con il compito di misurare le modalità di ripresa per ogni regione.  Unico criterio di valutazione, la diffusione del virus.