Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell'aula della Camera durante la cerimonia del giuramento, Roma 3 Febbraio 2015. ANSA /GIUSEPPE LAMIPassato, presente e futuro sono le tre direttrici del discorso del nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un passato poco conosciuto, un presente di accoglienza e un futuro innovativo e aperto a nuove strade. È nel delicato intreccio di queste tre componenti che Mattarella racconta la storia dimenticata di Stefano Taché, ucciso nell’82; la necessità di aiutare profughi e sofferenti, e l’impegno verso una maggiore innovazione che riavvicini cittadini e istituzioni.

Quirinale: Mattarella ricorda morte Gaj Tachè

Foto di d’archivio dell’attentato alla sinagoga di Roma il 9 ottobre del 1982

La storia di Stefano Taché
«Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza». Con queste parole Mattarella introduce il racconto del piccolo Taché. Stefano, due anni, il 9 ottobre del 1982 si trovava nella sinagoga di Roma per celebrare Sheminì Azzereth, il giorno della benedizione dei bambini. Al termine della cerimonia, mentre le famiglie uscivano dall’edificio, un gruppo di terroristi palestinesi assaltò la piazza antistante con granate e colpi di mitragliatrici. A terra rimasero 37 feriti e il bimbo ucciso con un colpo alla testa. Per Mattarella la storia è significativa sia perché rappresenta i segni evidenti di come l’odio religioso abbia colpito anche l’Italia, sia perché Stefano «era un nostro bambino, un bambino italiano». Alle parole del presidente hanno fatto seguito anche quelle del padre: «Al presidente della Repubblica – spiega Joseph Tachè – va la mia riconoscenza ed il mio affettuoso ringraziamento con tutto il cuore per aver ricordato mio figlio»

Comunità straniera e rifugiati
Il forte richiamo contro il terrorismo internazionale e l’odio religioso è stato bilanciato da un saluto non scontato: quello alle numerose comunità straniere presenti in Italia. Il presidente ha dedicato un passaggio a coloro che soffrono nel mondo: «Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi». Su questo Mattarella ha chiesto all’Europa di essere più attenta, impegnata e solidale. E ha ricordato l’impegno del nostro Paese nell’accoglienza e nella cooperazione internazionale. «L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo. Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo».

Innovazione e nuova democrazia
Nelle parole di Mattarella non c’è solo l’intenzione di ricostruire il rapporto tra politica e cittadini. La novità è che il neo-presidente punta anche su una svolta a livello di innovazione. «La Pubblica Amministrazione deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni». Questa nuova esigenza spinge il presidente anche a richiamare una concezione elastica di partecipazione e vita politica: «La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi». È sul mutamento dei tempi che il presidente si dimostra più dinamico, tanto che tra le pieghe del discorso emergono echi di democrazia diretta. Se gli strumenti di rappresentanza tradizionali hanno dimostrato limiti e inefficienze, è dalla società che possono nascere nuove strade.

Alberto Bellotto